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Quirinale. Seconda giornata di consultazioni, tutto da copione, ci si rivede la settimana prossima

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Lo scenario davanti a Mattarella. Le posizioni delle forze politiche

Di Pino Salerno

Tutto da rifare, fumata nera al Quirinale per il primo giro di consultazioni del Presidente della Repubblica per la formazione del nuovo governo. Al termine di due giorni fittissimi, durante i quali Mattarella ha incontrato, oltre alle alte cariche dello Stato, tutti i gruppi parlamentari, l’inquilino del Colle non può che rilevare: “non è emersa nessuna maggioranza politica” e “nessuno schieramento non ha voti necessari per formare un governo”. Le posizioni tra M5S, Centrodestra e Partito democratico restano distanti e in chiaro non vi è alcuna convergenza, ha registrato il capo dello Stato, tale da poter dar vita a un esecutivo e soprattutto “indispensabile secondo le regole della nostra democrazia”. Il capo dello Stato lascia passare solo mezz’ora dopo il colloquio con Luigi Di Maio e parla al Paese, perché la crisi è difficile da risolvere e lui non ha nessuna intenzione di tirarsi indietro. Mattarella decide quindi di rimandare tutto alla prossima settimana, un secondo giro di colloqui necessario, che però sarà affrontato dopo una pausa di riflessione “anche sulla base dell’esigenza che mi è stata prospettata da molte parti politiche”. Un modo anche per inchiodare i partiti alle loro responsabilità, non un paio di giorni quindi, ma cinque giorni per “valutare la situazione, le convergenze programmatiche e le possibili soluzioni per dar vita a un governo”.

Gli scenari che si aprono alla riflessione di Mattarella

Uno stop che Mattarella spera sia utilizzato in modo proficuo, che porti a risultati concreti, altrimenti sarà lui poi a prendere in mano la situazione, con tutti gli strumenti a sua disposizione. La soluzione che il capo dello Stato auspica è sicuramente una soluzione politica ed è per questo che, dopo aver registrato ogni singola parola detta dai leader politici e dai capigruppo, nello Studio alla Vetrata, Mattarella pensa che ancora ci sia la possibilità di dare al paese un esecutivo espressione dell’elettorato. Nessuna strada per il presidente è preclusa, l’importante è che si risponda alle esigenze dei cittadini e si rimanga fedeli all’Europa. I colloqui dovrebbero iniziare non prima di mercoledì e molto probabilmente si terranno in una sola giornata, visto che al Colle non saliranno di nuovo i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati, e il presidente emerito Giorgio Napolitano. Qualora non si “registri” una svolta, Mattarella non darà una terza chance alle forze politiche. A quel punto userà gli strumenti a sua disposizione. E’ plausibile pensare che il capo dello Stato darà l’incarico esplorativo a una personalità istituzionale, che non necessariamente verrà scelta a palazzo Madama o Montecitorio. Il capo dello Stato ci proverà fino alla fine a formare un governo, è per questo che viene totalmente esclusa a Colle l’ipotesi di un voto anticipato a giugno, che cadrebbero proprio in concomitanza con il Consiglio Ue del 28-29, importantissimo per le riforme che l`Unione europea chiederà ai Paesi membri.

Il centrodestra si spacca. Berlusconi mette il veto sui 5Stelle. Salvini vuole un governo che duri, ma coinvolgendo i 5Stelle

Le posizioni dei partiti che hanno un peso dopo il voto del 4 marzo restano sostanzialmente le stesse. Silvio Berlusconi, come da previsioni, chiude ai 5Stelle e apre al Partito democratico sottolineando che Forza Italia è “disponibile invece a partecipare con una presenza di alto profilo a soluzioni serie basate su accordi chiari, su cose concrete, credibili in sede europea”. Non cita mai il movimento guidato da Luigi Di Maio ma il riferimento risulta chiarissimo: “Non siamo disponibili a un governo fatto di pauperismi, giustizialismi, populismi e odio”. Il Paese, spiega Berlusconi, ha bisogno di un governo “fondato su un programma coerente e, soprattutto, in grado di lavorare per un arco temporale adeguato”. Questo governo “non potrà non partire dalla coalizione che ha vinto le elezioni, il centrodestra” e con alla guida “un premier della Lega”. Di segno opposto Matteo Salvini, che conferma: “Non lavoriamo a governi raccogliticci o improvvisati, ma che duri almeno cinque anni”. L’esecutivo, per il pallottoliere parlamentare, si può fare solo “coinvolgendo il M5s”, perché la Lega – a differenza di Forza Italia – esclude il dialogo con il Pd. Salvini è uscito dopo una ventina di minuti di colloquio, definito “assolutamente positivo”, dove “abbiamo espresso una linea costruttiva”. Ad ogni modo, Salvini definisce “unitaria” la coalizione di centrodestra, e “lo abbiamo ribadito anche oggi”. “Continuerò ad incontrare tutti, la prossima settimana anche formalmente”, spiega Salvini, aggiungendo che “bisogna smussare degli angoli”. Quest’ultima frecciata è per i 5 Stelle, e non è l’unica. Mentre il leader della Lega ha “già in mente quali sono le priorità, quale è la squadra”, “l’ultima cosa che ci affascina è il dibattito premier sì, premier no”. Perché, ed ecco un altro affondo, “pare ci sia qualcuno che invece è pronto a parole ma non vuole dare un governo a questo Paese”. “Se ciascuno rimane sulle sue impuntature, sui suoi personalismi, sui suoi ragionamenti di partito, il governo non nasce. E l’unica soluzione, che ovviamente noi non ci auguriamo, è quella delle elezioni”.

Il Partito democratico conferma la posizione attendista

Prima di Berlusconi e di Salvini, al Quirinale era salita la delegazione del Partito democratico, guidata dal segretario reggente Maurizio Martina. Uscendo, il dirigente dem ha sottolineato che “l’esito elettorale, per noi negativo, non ci consente di formulare ipotesi di governo che ci riguardino”. A Martina sembra invece che “l’avvio della legislatura abbia fatto emergere una potenziale maggioranza”, con una sostanziale intesa tra centrodestra e Movimento 5 Stelle, i quali dovrebbero “dire chiaramente” in che direzione stanno andando. Se esse “sono in grado di avanzare un’ipotesi di governo praticabile”, “si facciano carico fino in fondo di una responsabilità”. Il responsabile del Pd, però, ha anche lanciato un messaggio propositivo: “Abbiamo rappresentato al presidente alcuni temi essenziali per il Paese per il futuro dell’Italia che resteranno centrali nella nostra attività di minoranza parlamentare”. I quattro grandi nodi, per il Pd, sono la questione sociale, la lotta alle diseguaglianze, quella del risanamento della finanza pubblica, l’impegno europeista. “Siamo pronti subito, in queste ore, a proporre l’estensione del reddito di inclusione – ha detto Martina -. E’ possibile raddoppiare le risorse a disposizione per il Rei piuttosto che vagheggiare proposte irrealistiche”.

M5S: un contratto alla tedesca. Ma la Grosse Koalition non è affatto un contratto, ma un accordo politico

“Abbiamo ottenuto 11 milioni di voti circa su una posizione ben precisa che abbiamo ribadito al Presidente della Repubblica anche sulla politica estera. Ho sempre detto durante la campagna elettorale che con noi al governo l’Italia rimarrà alleata dell’Occidente, nel Patto Atlantico, nell’Unione Europea e monetaria. Questo è l’obiettivo che ci prefiggiamo qualora l’Italia dovesse avere un governo del MoVimento 5 stelle”, afferma Luigi Di Maio, leader del Movimento Cinque Stelle, al termine delle consultazioni con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Al governo deve andarci chi è legittimato dal popolo, credo che il messaggio del 4 marzo sia stato chiaro sul punto – ha sottolineato -. Sono stati bocciati i governissimi, i governi tecnici e i governi di scopo, si deve governare per cambiare e non per continuare a sopravvivere. Si mettano al centro le soluzioni ai problemi degli italiani e non i giochi di palazzo”. Infine, Di Maio rilancia l’idea del contratto tra forze politiche, prendendo a pretesto la Grosse Koalition tedesca, che però è un’intesa politica durata sei mesi e sottoposta al voto dei gruppi dirigenti, e per la Spd ad un referendum tra gli iscritti: “Noi non proponiamo un’alleanza di governo ma un contratto di governo per il cambiamento dell’Italia. E’ un contratto sul modello tedesco e che noi proporremo perché vogliamo che le forze politiche si impegnino di fronte agli italiani sui punti da realizzare”. E infine, secondo Di Maio, “il vantaggio che abbiamo di essere un movimento né di destra né disinistra è quello di poter interloquire con coloro che vogliono fare le cose e vogliono migliorare la qualità della vita degli italiani”, aggiunge. Sembra davvero un modo elegante per tirarsi fuori da ogni responsabilità di governo.

Da jobsnews


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