di Giuseppe Baldessarro
L’inchino lo pretendono, e se è l’inchino di un Santo, di una Madonna o di un Cristo tanto meglio. Perché quando s’inchina il patrono di una comunità è come se s’inchinasse l’intera città.
Non si è quasi mai trattato di un reato, o almeno non sono risusciti a trasformarlo in tale i magistrati che pure hanno provato a indagare sul fenomeno. Così se è vero che ci sono i preti che lottano le mafie ce ne sono altri che davanti ai boss sono pronti a prostrarsi.
Uno dei casi che fece maggiore clamore lo si registrò in Calabria, a Oppido Mamertina, nel luglio del 2014, poche settimane dopo che Papa Francesco, sempre in Calabria (a Cassano), aveva tuonato contro padrini e picciotti, scomunicandoli pubblicamente.
Una scena vista mille volte. Vista e taciuta. Solo che quella sera un paio di carabinieri al seguito della processione della “Madonna Delle Grazie” hanno fatto quello che altri carabinieri, in altre occasioni, non avevano evidentemente mai fatto. A Oppido, quella sera, lo Stato si è indignato. Ha lasciato la processione ed ha scritto una relazione finita poi in mano alla procura della repubblica di Reggio Calabria.
Come da tradizione, quel mercoledì nel cuore dell’Aspromonte, era in corso la processione, figlia di un rito secolare e sentito dai fedeli della parrocchia di frazione Tresilico. Un corteo che a un certo punto è stato clamorosamente abbandonata dal comandante della stazione dei carabinieri di Oppido e da due militari per una ragione precisa. Il maresciallo Andrea Marino e i suoi uomini avevano fatto marcia indietro dopo aver assistito a una scena intollerabile per chi porta la divisa. La statua della Madonna delle Grazie, preceduta dai sacerdoti, ma anche da mezzo consiglio comunale, arrivata all’incrocio tra Corso Aspromonte e via Ugo Foscolo, era stata fatta fermare da alcune decine di portatori davanti alla casa del boss del paese, Giuseppe Mazzagatti.
Una “fermata” di pochi istanti, seguita da un inchino dell’effigie verso la dimora di Giuseppe Mazzagatti, capo clan di 82 anni, già condannato all’ergastolo per omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso. Un padrino temuto e ancora potente, nonostante l’età e le condizioni di salute gravi che lo “costringono” ai domiciliari. Assistendo all’episodio, il maresciallo aveva immediatamente ordinato a suoi carabinieri che si trovano ai lati della statua di abbandonare la cerimonia.
Apriti cielo. In serata l’allora sindaco di Oppido Domenico Giannetta aveva spiegato indignato l’accaduto: “Sentiamo con sobrietà di condannare il gesto se l’obiettivo era rendere omaggio al boss, perché ogni cittadino deve essere riverente alla Madonna e non si debba verificare al contrario che per volontà di poche persone che trasportano in processione l’effigie, venga dissacrata l’onnipotenza divina, verso cui nessun uomo può osare gesto di sfida. Dal canto nostro nell’immediatezza del fatto, nel dubbio abbiamo agito secondo un principio di buon senso e non abbiamo abbandonato il corteo per non creare disagi a tutta la popolazione oppidese ed ai migliaia di fedeli che giungono numerosi da diversi paesi ed evitare il disordine pubblico”.
Già, l’ordine pubblico prima di tutto.