Capisco che dia difficile, al giorno d’oggi, immaginare un’America che, anziché mostrare il proprio volto peggiore e dar vita ad una chiusura insensata e pericolosa nei confronti del resto del mondo, viene incontro all’Europa e alle sue esigenze ma è esattamente ciò che accadde settant’anni fa, il 2 aprile 1948, quando il Congresso degli Stati uniti approvò il piano varato dal segretario di Stato dell’amministrazione Truman, George Catlett Marshall. L’ERP (European Recovery Program), meglio noto, per l’appunto, come Piano Marshall, fu un insieme di aiuti economici elargiti dagli Stati Uniti ai paesi europei al fine di consentire loro di risollevarsi dopo la catastrofe bellica e i milioni di morti che essa aveva provocato, gettando l’intera società occidentale in un abisso di orrore senza precedenti e che per fortuna, almeno alle nostre latitudini, non si è più ripetuto.
Non fu solo un’azione umanitaria, intendiamoci: fu anche un furbo escamotage per tenere i paesi dell’Europa occidentale sotto l’egida statunitense e far accettare loro il Patto Atlantico, nella fase più acuta della Guerra fredda e in un momento storico in cui l’Unione Sovietica era rappresentata da Stalin. Ci fu, dunque, anche una discreta dose di cinismo dietro questa scelta; fatto sta che una mossa del genere fu utile al nostro Paese per risollevarsi, grazie alla lungimiranza di De Gasperi, alla competenza e al valore morale di una classe dirigente di tutto rispetto e agli immani sacrifici ci una popolazione che non solo si rimboccò le maniche ma credette in se stessa e fece il possibile e l’impossibile pur di assicurare a se stessa e alle future generazioni un avvenire migliore.
Settant’anni dal Piano Marshall e l’amara constatazione di come siamo diventati, di quanto si siano divaricate ora le due sponde dell’Atlantico e di quanti altri danni possa arrecare alla collettività l’assurda linea politica ed economica di un presidente che, purtroppo, si ostina a non capire che l’isolazionismo non ha mai avuto senso ma, soprattutto, che in un mondo ormai globale è un modello che spalanca le porte a nuovi abissi.
Come diceva Enzo Biagi, non bisogna essere sempre d’accordo con gli americani: l’importante è non dimenticarsi quanto hanno fatto per noi, prima mandando i loro ragazzi a morire sul nostro territorio e poi consentendoci di ritrovare un minimo di dignità.
È altrettanto lecito, ovviamente, interrogarsi su quanto ci sia costata nel tempo questa collaborazione e se non sia giunto il momento che l’Europa, e l’Italia in particolare, se ne affrancasse. Con gratitudine e rispetto, difendendo il valore della memoria e rendendo il dovuto omaggio a quanti hanno sacrificato la propria vita per consentirci di vivere liberamente la nostra.
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