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Paolo Borrometi: il coraggio di scrivere

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Io non sono Paolo. Ma vorrei essere il suo coraggio, anche solo per un minuto al giorno.
Paolo Borrometi,  direttore del giornale on line “La Spia”, che collabora con  l’Agenzia   Agi, è  quel ragazzo di cui si parla in un’intercettazione della polizia che  rivela  particolari agghiaccianti. É  del 20 febbraio scorso, chi parla è  Giuseppe Vizzini . Dice molte cose e parla di catenesi,  i killer del clan Cappello, in contatto con il capomafia di Pachino, Salvatore Giuliano,   libero dopo  22 anni di carcere. Vizzini è uomo suo fedelissimo.
La mafia di Pachino sa come  fare per  fermare Paolo Borrometi,  da quattro anni  sotto scorta a seguito delle   minacce da parte dei boss e di  un’aggressione fisica.
Queste le parole: “Dobbiamo colpire a quello. Bum, a terra. Devi colpire a questo, bum, a terra. E qua c’è un ioufocu .Come era negli anni Novanta, in cui non si poteva camminare neanche a piedi”.
I boss di Pachino parlano così.  E quando il figlio di Giuseppe Vizzini dice : “Così, si dovrebbe fare”, il padre pronuncia queste parole : “Lo sai che ti dico? Ogni tanto un murticeddu  vedi che serve… per dare una calmata a tutti. Un murticeddu, c’è bisogno, così si darebbero una calmata tutti gli sbarbatelli”.
Il “murticeddu “, tradotto ” morto” sarebbe  Paolo?!
Ma chi è  Paolo Borrometi?
Paolo Borrometi  é  nato a Ragusa nell’83. É  un giornalista.  É  uno scrittore. É  uno che  si è  laureato, in giurisprudenza, ma scrive. Ha questo vizio .
Nel 2010 collabora  con il Giornale di Sicilia, poi diventa   pubblicista dal g 2013 e poi  professionista dal 2017. Dal  2017 è Presidente di Articolo 21.
Nel   2013 inizia a  collaborare  con l’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) per la sua città.  Nel 2013 fonda la testata giornalistica  online www.laspia.it.
Per tutto ciò  che è  la sua attività Paolo è  stato oggetto di   minacce dalla criminalità organizzata fino all’aggressione  del 16 aprile del 2014 ad opera di  criminali, i cui segni sono sicuramente ancora  impressi nella mente, e anche nel fisico, poiché  l’accaduto  ha provocato un serio problema alla spalla.
Dal  2014,  dopo l’incendio della porta della sua abitazione Paolo vive sotto scorta dei Carabinieri. Nel 2017  il Procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania  ha sottolineato nuovamente l’ allarme sui rischi per la vita di Paolo  con tale dichiarazione : “  se c’e’ un giornalista che rischia la vita in Italia questo è  Paolo Borrometi”.
Paolo rischia la vita ?  Per il fatto di fare inchieste e smascherare la mafia  ed i suoi capetti?
E noi cosa facciamo? Stiamo zitti?
La mafia ed i suoi boss e capetti minaccia ed intimorisce. Serpeggia  e vive dell’omerta’ di chi non ne comprende il pericolo per paura ed egoismo fingendo  di non vedere, sentire, persino capire.
Perché  il silenzio  uccide  ogni testa  libera  , ogni cuore impavido, ogni penna che scivola leggera sulle ali della voglia di giustizia, di verità  ed onestà.
Le  parole  dei boss di Pachino sopra menzionate sono  nell’ordinanza di custodia cautelare richiesta al gip di Catania dal pm della direzione distrettuale antimafia Alessandro Sorrentino.
Ma conta cosa raccontano? Cosa rievocano?
Paolo è  un ragazzo che della penna ha fatto una questione di vita.
Ascolta, cerca , studia  …per raccontare  come la mafia  sia  quella immensa  montagna di merda su cui tutti noi dovremmo piantare  un fiore.
Dedicare le mille piccole  vittorie  al ricordo  di uomini caduti per difendere  il valore della verità.
La mafia è  la vergogna  di cui ci macchiamo tutti noi se restiamo zitti.
E il nostro silenzio uccide più  di un proiettile.
Di questa  storia, di Paolo  e del suo coraggio , dobbiamo scrivere sempre. Raccontare sempre. In  ogni spazio, in ogni angolo di vita, perché  la solitudine dei numeri primi non si affacci  alla finestra di Paolo.
E del suo coraggio vestiamoci tutti. Ogni mattina. Fieri di un ragazzo che crede che la mafia possa essere  combattuta, battuta.
Io non sono Paolo, ma vorrei il suo coraggio.
Anche solo  un minuto al giorno.


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