La famiglia e l’avvocato del fotoreporter italiano Mauro Donato, detenuto dal 16 marzo scorso in carcere in Serbia dove si era recato insieme ad un collega per documentare la vita dei profughi e le attività dei diversi operatori umanitari, esprimono forte preoccupazione per lo stato di salute psicofisica di Mauro.
Il giornalista è stato fermato mentre stava lasciando il Paese ed arrestato con l’accusa, immediatamente rivelatasi infondata, di rapina aggravata dall’uso della violenza ai danni di tre profughi afgani.
Nonostante l’accusa sia stata immediatamente smentita dalle stesse vittime che non hanno riconosciuto in Mauro il loro aggressore e da numerose altre testimonianze, Mauro Donato si trova ancora ristretto in carcere e le sue condizioni psicofisiche destano allarme.
Mauro infatti vive con comprensibile angoscia le accuse contestategli e la detenzione in un paese straniero, e pur certo che la propria innocenza sarà accertata dalle autorità giudiziarie vede dilatarsi i tempi della sua reclusione che si svolge in una sorta di isolamento non potendo egli comunicare con nessuno a causa delle barriere linguistiche.
Mauro è apparso visibilmente provato durante le visite rese dalla moglie e svoltesi attraverso un vetro divisorio che inibiva qualsiasi contatto.
La moglie Giulia, i tre figli, i colleghi e gli amici e i legali della famiglia esprimono forte preoccupazione sia per il dilungarsi della detenzione di Mauro, nonostante sia evidente e dimostrata la sua totale estraneità ai fatti contestatigli, sia per il peggioramento delle sue condizioni di salute e chiedono alle autorità competenti di occuparsi di questa delicata vicenda con la massima attenzione e solerzia possibile.