Nei giorni in cui si torna a parlare di Siria, della sua guerra civile infinita che negli ultimi tempi si sta concentrando nel Goutha, dei suoi morti di cui ci stiamo tristemente abituando, a Milano presso la Civica Scuola di Musica Claudio Abbado, la testimonianza di Aeham Ahmad, giovane pianista siriano scampato alle atrocità del conflitto diventa un messaggio di coraggio e di speranza.
Lo scorso 6 aprile Aeham ha raccontato la sua storia in occasione della presentazione del libro autobiografico “Aeham Ahmad il pianista di Yarmouk”, edito da La Nave di Teseo. Yarmouk è un quartiere popolare di Damasco dove nasce e cresce Aeham, ultimo di una famiglia di profughi palestinesi, che, grazie alla tenacia di suo padre violinista che investe tutti i suoi pochi averi e le sue energie nella carriera del figlio, diventa un apprezzato pianista.
La sua storia diventa virale quando nell’aprile 2014 iniziano a circolare in rete i video in cui lui suona tra le macerie della capitale siriana: Aeham suona per i bambini, per distrarli dalle atrocità della guerra ma anche per i suoi vicini, per i civili che pagano il conto più alto del conflitto.
“Ho cercato sempre di essere indipendente durante il conflitto- racconta con la voce rotta dal dolore del ricordo- mi avevano chiesto anche di aderire ad Al-Fatah in cambio di accoglienza, così pure aderire all’ISIS o ad una delle fazioni del conflitto poteva garantire qualche privilegio sul campo. Non sono stato sempre libero al 100 % ma ho sempre cercato di esserlo”. Il riferimento è a quando ha dovuto chiedere a una delle forze ribelli delle medicine per sua moglie, sopravvissuta ad un parto cesareo.
“Nel libro – continua il giovane siriano- cerco di raccontare la mia storia, dalla mia infanzia fino alla fuga dal Medioriente, nel 2015, dopo che l’Isis una volta entrata in città ha bruciato il mio pianoforte e assassinato un bambino che innocentemente assisteva all’esibizione”. Lui ce l’ha fatta: con i soldi mandati da un giornalista tedesco è riuscito a percorrere la rotta balcanica e con parte della sua famiglia vive in Germania, dove ha tenuto diversi concerti (“la musica classica è universale” – gli consigliò saggiamente suo padre).
“Non voglio che la mia storia venga strumentalizzata emotivamente a livello mediatico o politico. Purtroppo, i politici troppo spesso cambiano casacca e idee solo per il tornaconto elettorale, basti pensare a quanto poco è durata la stagione dell’accoglienza della Merkel in Germania. Quello che mi interessa è scuotere le coscienze, far passare il messaggio che solo noi come individui possiamo cambiare le cose e ricordare che molte persone sono ancora intrappolate in una guerra che non gli appartiene: molti sono ancora in Siria sotto le bombe, come mio fratello, che è rinchiuso in una delle carceri del regime di Assad”.