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In Oceania detenzioni offshore e rifugiati in ostaggio

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Detenzione offshore: questa è la politica migratoria messa in atto dall’Australia. Con il preciso obiettivo di evitare gli sbarchi dei rifugiati sul proprio territorio, la strategia governativa ha centrato lo scopo difensivo degli interessi nazionali. Le violazioni dei diritti umani, però, sono state e continuano ad essere molte.

I richiedenti asilo, infatti, si sono ritrovati rinchiusi in vere e proprie prigioni, privati della libertà e dei basilari diritti sanciti dalle norme internazionali. In concreto, è impossibile per un richiedente asilo arrivare o sbarcare in terra australiana. Le barche dei migranti, infatti, sono segnalate e rispedite o nei Paesi di origine, o in altre destinazioni, come i centri di detenzione.

Tutto è iniziato quando, nel 2012, a seguito dell’intensificarsi degli sbarchi di immigrati richiedenti asilo sulle coste australiane, il Governo di Julia Gillard decise di riaprire il centro di detenzione nell’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea. Dal 2013, quindi, l’Australia ha intensificato questa politica di allontanamento e respingimento severo di qualsiasi immigrato voglia stanziarsi sul suo territorio.

I richiedenti asilo sono stati dirottati in Papua Nuova Guinea e poi nell’isola di Nauru. Nessun controllo veniva effettuato per accertarsi se le persone allontanate avessero diritto allo status di rifugiato, e quindi ad essere accolte nel territorio di destinazione originario, l’Australia appunto, in questo caso… Continua su vociglobali

 


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