A partire dalle suggestioni del libro “Algoritmi di libertà” di Michele Mezza, giornalisti, addetti ai lavori ed esperti di diritto hanno animato in Federazione nazionale della stampa un interessante dibattito sul tema degli algoritmi, della qualità della potenza di calcolo e di come gli automatismi digitali stiano ridisegnando le forme della democrazia, con una focalizzazione sullo scenario editoriale. Un confronto utile a capire i meccanismi di profilazione e di individualizzazione della comunicazione che oggi sono al centro della scena con il caso Facebook/Cambridge Analytica.
A discuterne con l’autore del libro il garante della Privacy Agcom Antonello Soro, la professoressa Marina Castellaneta, docente di Diritto internazionale all’Università di Bari, la giornalista Anna Masera e Vincenzo Vita, membro del consiglio di presidenza di Articolo 21 è il presidente della Federazione nazionale della stampa Beppe Giulietti il quale aprendo i lavori con il saluto dela Fnsi ha evidenziato l’importanza di una profonda riflessione sugli ultimi avvenimenti, soprattutto in vista di competizioni elettorali sempre più influenzabili dai flussi della rete.
La presentazione dell’opera di Mezza, prima iniziativa pubblica del Comitato scientifico di Articolo 21 di cui è coordinatore Roberto Natale, che ha condotto e moderato il dibatito, ha fornito numerosi spunti di riflessione e ha chiarito dinamiche e dubbi che le ultime vicende hanno posto in evidenza.
Del tema centrale del libro, gli algoritmi, ormai sinonimo di controllo sociale, ne abbiamo parlato con Michele Mezza.
L’algoritmo, sequenza di formule matematiche che servono a governare l’elaborazione della sterminata quantità di informazioni generate continuamente dalla rete, sembra ormai . Ma chi detiene davvero le chiavi degli algoritmi?
“Strategie e tattiche si intrecciano sempre più strettamente nel mondo digitale. Ogni grande principio immediatamente diventa piattaforma, servizio, potere. Il Caso Facebook/ Cambridge Analytica èNparadigmatico: come la teoria dei big data, guidata da sistemi di calcolo sempre piu’ intelligenti, interpretano e determinano il senso comune. In particolare come la capacità di profilare semanticamente, un numero impressionante di persone, coincidenti con la popolazione di interi paesi, e dunque con il loro corpo elettorale, possa portare a parlare direttamente con ognuno di loro, adottando proprio il linguaggio piu’ affine e intimo di questi soggetti. Siamo ormai nel campo di una potenza di calcolo che si sovrappone e sostituisce a istituzioni e convenzioni, come appunto l’opinione pubblica, frammentando, isolando e ricomponendo nuove forme di comunita’. Arrivando a orientare e indirizzare sentimenti come la rabbia, o l’ambizione, o ancora la competizione. Gli algoritmi sono oggi la cassetta degli attrezzi di questa nuova azione sociale”.
Cosa intende con “algoritmi di liberta’, titolo del libro?
“Questo titolo, prima di tutto, vuole essere un richiamo diretto all’esperienza di Adriano Olivetti. Algoritmi di libertà è una metafora che richiama il concetto di tecnologie di libertà che Olivetti formulò nell’ormai lontanissimo novembre del 1959, quando presentando al presidente della Repubblica dell’epoca, Giovanni Gronchi, l’ultimo calcolatore della serie Elea, prefigurava la prossima realizzazione che sarebbe stata la mitica Programma 101, il primo personal computer, che doveva appunto, come disse allora ‘liberare l’uomo dalla fatica e dalla subalternita”. Oggi gli algoritmi sono chiamati ancora a rispondere a questa domanda: strumenti di libertà o invece di dominio? E la risposta non può avvenire come accade spesso, solo sulla base di una contemplazione passiva di ciò che accade. Nessuna tecnologia è mai stata buona di per sé, e la rete non poteva automaticamente dare la felicità: sempre solo un conflitto sociale fra interessi e culture ha dato forma e senso all’innovazione, dal fuoco, alla stampa, al vapore alla fabbrica: quello che sembrava un inferno e’ diventato poi, grazie al negoziato sociale, il progresso. Oggi manca in rete un modo di negoziare il calcolo”.
Ma un un sistema così complesso e astruso è ‘negoziabile’?
“La fabbrica un secolo fa era ancora più complessa e astrusa agli occhi dei lavoratori che si si addentravano timorosi e spauriti, reduci da secoli di servitù nelle campagne, oggi abbiamo invece un sistema sociale che reclama saperi e partecipazione, di cui la rete è conseguenza e non causa. Perché non dovrebbe essere negoziabile un sistema di calcolo come gli algoritmi? Nel libro cito uno dei più brillanti informatici del nostro tempo, Alexander Galloway che spiega come gli algoritmi siano un sistema di istruzioni ‘inconsciamente eseguibili’. Ebbene dobbiamo trasformare questo ‘inconsciamente’ in ‘consapevolmente’. Questa è la missione della società attorno agli algoritmi”.
L’informazione è sempre più luogo e linguaggio del mondo digitale e delle sue opportunità, ma anche delle sue minacce. Quali?
“L’informazione è stata il ring su cui si è combattuto il primo round, e non posso certo dire che noi giornalisti lo abbiamo vinto. Da 20 anni sono in corso processi di automatizzazione dell’intero ciclo di produzione della notizia, senza che la mia categoria riesca a immaginare un ruolo negoziale e di correzione delle tendenze. Non a caso stiamo perdendo peso sindacale ed economico. E’ la conseguenza della nostra marginalita’ in questo nuovo mondo. I sistemi editoriali delle redazioni sono sempre piu’ intelligenti e prescrittivi senza che la componente professionale, quale siamo noi, riesca a metterci il naso. Nemmeno gli editori sanno bene cosa hanno in casa: solo i proprietari degli algoritmi e delle piattaforme sono oggi in grado di decidere valori e linguaggi”.
Solo loro sanno come si raccolgono i dati e come vanno usati?
“Questa è la bolla da bucare: dobbiamo aprire un grande negoziato sociale e sindacale per riclassificare le forme e gli assetti cognitivi dei sistemi automatici. Il giornalista può oggi essere il garante e il tutore di un interesse pubblico sulla trasparenza e condivisibilita’ dei data base e delle informazioni, tracciando intanto una linea di demarcazione fra cio’ che e’ automatico e gio’ che invece e’ ancora valorizzato da una attivita’ umana. Vedo che l’Ordine nazionale dei giornalisti comincia a compiere passi importanti in questa direzione”.
Nel libro indica anche alcuni soggetti negoziali, ma chi è in grado di costringere i giganti della rete alla trattativa?
“Questo è il vero buco nero: chi negozia? Intanto vedo che, ad esempio, le città, i grandi brand metropolitani, come Londra, Parigi, New York, Milano, oggi hanno la possibilita’ di imporre un confronto a chi guadagna proprio con i servizi delle citta’. New York ha appena costituito un osservatorio su gli algoritmi di cittadinanza. Milano ha avviato una prima trattativa con Airbnb. Qualcosa si muove. Poi le universita’ che sono produttori e utilizzatori di software. Infine le categorie professionali, come i giornalisti ma anche i medici, o gli avvocati, possono introdurre elementi di etica del calcolo negli automatismi proprietari. Questi sono algoritmi di liberta'”.