Di Beppe Pisa
Mark Zuckerberg è entrato per la prima volta al Congresso, mentre fuori centinaia di persone protestavano contro Facebook, il colosso tech globale sotto accusa per non fare abbastanza per proteggere i dati dei suoi utenti e per fermare la diffusione delle fake news. La testimonianza, durata quasi quattro ore, ha visto l’a.d. del colosso dei social ripetere quello che aveva detto più volte nel corso di queste settimane, da quando è scoppiato lo scandalo Cambridge Analytica. “Abbiamo fatto errori e la colpa è mia”, ha affermato Zuckerberg sostenendo di aver dato troppo spazio alla società di consulenza che ha usato i dati personali di 87 milioni di persone per fare pubblicità mirate e aiutare Donald Trump a vincere le elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti. Ma nel corso dell’audizione, in cui Zuckerberg ha dimostrato di essere molto teso, sono emersi due passaggi fondamentali. Da una parte l’ad ha ammesso che “è necessario fare delle leggi” per regolamentate il settore tecnologico. Questo dopo che diversi senatori gli avevano ripetuto che il Congresso potrebbe andare in questa direzione. Dall’altra ha ammesso che la “responsabilità dei contenuti che si trovano sulla piattaforma è tutta di Facebook”, anche se il social è un gruppo tech e non un media, ha aggiunto Zuckerberg. I politici lo hanno incalzato sulla competizione. Zuckerberg non ha saputo indicare il principale avversario del colosso, ma ha detto che a lui “non sembra che Facebook detenga un monopolio”. Il Ceo di Facebook ha dichiarato che l’utente medio “non legge” le condizioni d’uso della piattaforma, su cui il repubblicano John Kennedy non ha avuto dubbi: “Fanno schifo” e devono essere scritte in un linguaggio semplice. Ripetendo di essere aperto a una maggiore regolamentazione dei gruppi tech, Zuckerberg ha usato parole concilianti per parlare della General Data Protection Regulation che scatterà il 25 maggio in tutti gli Stati Ue: “Credo che [gli europei] facciano le cose bene”. Quindi sì, si potrebbe discutere se adottare anche in Usa un simile approccio regolatorio, ha dichiarato il Ceo di Facebook riconoscendo che “in Usa abbiamo sensibilità diverse”. Per lui, “la nostra posizione non è che la regolamentazione è cattiva. Il punto è quale sia il giusto framework, non se ce ne dovrebbe essere uno”. Zuckerberg ha anche detto che Facebook è meglio preparato per combattere le interferenze elettorali, di cui la Russia è stata giudicata colpevole dagli Usa, che l’hanno punita con sanzioni. “Questa è una corsa agli armamenti. [I russi] hanno intenzione di diventare sempre più bravi in questo. E noi dobbiamo investire per diventare a nostra volta più bravi” per contrastare i loro sforzi. “Sono più fiducioso che ce la faremo”, ha affermato il Ceo.
Ma non è finita. Mercoledì, alle 10 di mattina ora di Washington, Zuckerberg tornerà al Congresso, questa volta davanti alla commissione Energia e a quella del Commercio della Camera. L’unica soddisfazione dell’ad è l’andamento del suo gruppo a Wall Street: ieri infatti il titolo ha guadagnato il 4,5%, un record che non toccava da due anni.
I senatori americani più anziani stentano a comprendere fino in fondo il mondo di Facebook e le modalità dei suoi meccanismi. Un gap generazionale evidente durante l’audizione di Mark Zuckerberg. Mai prima d’ora il Senato degli Stati Uniti aveva dimostrato la sua “senilità”, sentenzia il Time notando come l’età media di questa legislatura sia di 63 anni, ovvero il consesso più vecchio della storia americana. Dovevano “grigliarlo” – dice la Cnn – ma alla fine lo hanno solo lievemente arrostito: l’analfabetismo tecnologico degli anziani senatori ha salvato il giovane Mark. Un esempio per tutti quello dell’ottantaquattrenne senatore repubblicano dello Utah Orrin Hatch che chiede inquisitorio come sia sostenibile un modello di business in cui gli utenti non paghino per i servizi. “Senatore, abbiamo la pubblicità”, risponde Zuckerberg, sereno e ovvio. “E’ stato come osservare tuo nonno che cerca di capire come abbiano messo internet nel tuo nuovo Macbook Pro” dice impietoso Chris Cillizza, analista politico della Cnn. Ovviamente molte delle domande dei senatori sono state pungenti e precise, ma per Cillizza parte delle questioni erano state scritte probabilmente dai membri più giovani e preparati dello staff.