La settantunesima edizione del festival di Cannes – che si aprirà l’8 maggio e finirà il 19 – è la prima grande ribalta europea a cadere dopo lo scandalo delle modestie sessuali alle donne del cinema sedotte dall’ingordo Harvey Weinstein, produttore sempre a caccia di stelline. E giustamente il direttore Thierry Frémaux ha voluto dare un segnale. “Le donne, non solo quelle del cinema, vanno rispettate”, aveva detto rispondendo a chi gli chiedeva se il festival avrebbe idealmente partecipato al movimento mondiale me-too. E ha cominciato dalla giuria stabilendo una maggioranza di donne: cinque contro quattro.
A partire dalla presidentessa che è l’australiana Kate Blanchett, un’attrice fra le più amate non solo in Francia e che merita pienamente l’onore. Ma quello che sorprende è la prevalenza che per la prima volta nella storia del festival va alle donne. Contro i selfie, definiti “stupidi e volgari”, aperte le ostilità con Netflix e le sue produzioni non destinate alle sale cinematografiche, il direttore aveva anche detto che quest’anno il festival avrebbe reso omaggio al gentil sesso a ideale riparazione delle offese ricevute sul famigerato “divano del produttore”.
Ed ecco le cinque star con la fascia da giurato chiamate sulla Croisette: l’attrice americana Kristen Stewart, popolarissima grazie a Twilight, la francese Lea Seydoux, attrice e modella già vincitrice a Cannes con La vita di Adele e recente bond-girl in Spectre e come tale apprezzatissima al botteghino, la sceneggiatrice e regista americana Ava DuVernay, autrice di Selma – La strada per la libertà e Nelle pieghe del tempo, la cantante Khadja Nin vedette della pop-world music nata in Burundi e residente in Belgio. Capeggiate dalla fascinosa Blanchett, le quattro signore fronteggeranno nelle decisioni collegiali i colleghi maschi: i registi Denis Villeneuve, canadese, Robert Guédiguian, francese, Andrei Zviaguintsev, russo, e l’attore cinese Chiang Chen.
Per il fatto di avere una maggioranza di donne, la giuria principale di Cannes aiuterà alcuni film e ne sottovaluterà altri? Il quesito se lo sono posti in tanti nelle segrete stanze del Festival, ma è improprio, oltre che non all’altezza dei tempi: anche nel cinema un giudizio femminile non vale certo di meno di quello maschile, al contrario può essere più approfondito e apprezzabile. Saranno avvantaggiate le registe? Già s’immaginano le polemiche, a premi assegnati.