Si può definire già l’azione legale dei record per i numeri che si porta dietro: due giornalisti, due direttori e una società editrice, il Gruppo Editoriale L’Espresso Spa (oggi GEDI Spa), sono stati citati in giudizio con una richiesta di risarcimento pari a 39 milioni di euro e l’azione è esercitata dall’Università Telematica Pegaso, dal dott. Danilo Iervolino in proprio e quale presidente della Pegaso spa e da 137 tra dipendenti e docenti della stessa. Dati da capogiro che ruotano attorno al presunto danno che sarebbe stato procurato tra tre articoli di cui non è stata mai accertata (finora) la portata diffamatoria, anzi all’esito di uno dei due giudizi cautelari, relativamente all’articolo del giornalista Nello Trocchia (nella foto) è stato riconosciuto dal Tribunale di Napoli che i fatti descritti in esso erano tutti corrispondenti al vero. Per riassumere: si sta chiedendo un risarcimento record a giornalisti che hanno raccontato fatti veri e rispetto a questi esercitato il legittimo diritto di critica e di manifestazione del pensiero. Di più: uno degli articoli contestati dall’Università Pegaso e dagli altri attori è stato tolto dalla rete per ordine di un giudice. L’origine del male è un’inchiesta giornalistica di Nello Trocchia sul fenomeno delle università telematiche e dunque anche sulla Pegaso.
Al momento della pubblicazione sia dell’articolo de L’Espresso, che dei due articoli pubblicati su La Repubblica era in corso in Italia un acceso dibattito sulle università telematiche e in particolare sulla possibilità che le stesse potessero erogare corsi formativi per i concorsi dei docenti della scuola pubblica, al pari delle università pubbliche, non telematiche. Su questo punto si è anche pronunciato il Consiglio di Stato il quale ha negato per le università telematiche la possibilità di fornire i c.d. TFA, ovverosia i percorsi di tirocinio formativo attivo per l’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado. L’inchiesta giornalistica era allargata al complessivo fenomeno delle università telematiche e ricostruiva anche la storia dei fondatori della Pegaso. L’articolo è stato oggetto di istanza ex articolo 700 (un iter d’urgenza previsto dal codice di procedura civile) volta alla rimozione dell’articolo, istanza respinta in primo grado ma ritenuta fondata in fase di reclamo, con la conseguenza quindi che l’articolo del giornalista Trocchia (che era stato pubblicato anche su carta) e rispetto al quale non è mai intervenuta alcuna pronuncia di merito definitiva che ne accerti la natura diffamatoria è stato rimosso dall’archivio telematico de L’Espresso.
In seguito altri due articoli pubblicati su La Repubblica, a firma di Corrado Zunino si sono occupati delle università telematiche e di Pegaso e anche in quel caso c’è stata da parte della Pegaso la richiesta di rimozione tramite istanza d’urgenza ex articolo 700 c.p.c. ma questa volta sia in prima che in seconda valutazione i giudici non hanno ritenuto di accordare la rimozione degli articoli dall’archivio telematico della testata. Nel frattempo viste le discordanti decisioni sulle due istanze di Pegaso si è arrivati ad un giudizio delle sezioni Unite della Corte di Cassazione in cui si riconosce che non ci può essere rimozione di un articolo giornalistico nel caso in cui non vi sia stato un precedente giudizio di merito e passato in giudicato che ne abbia accertato la portata diffamatoria. Ma quando è arrivata tale statuizione della Cassazione ormai l’articolo di Nello Trocchia era stato eliminato dal web. La storia, inoltre, non è affatto finita perché nelle more c’è stata la citazione di Pegaso e di 137 i suoi dipendenti e collaboratori con la maxi richiesta di risarcimento del danno, ben 39 milioni di euro, appunto. Tra le parti attrici che si presumono danneggiate ci sono persone mai citate negli articoli, che i giornalisti non hanno mai conosciuto e rispetto ai quali non hanno mai espresso alcun giudizio od opinione. Al di là di qualunque valutazione sulla curiosa carica dei 137 contro uno, si sta comunque parlando di un articolo vero, cancellato e che ciò nonostante si ritiene abbia causato danni così ingenti a un tale numero di soggetti. E’ una vicenda che, probabilmente, riassume tante contraddizioni sulla libertà di cronaca e critica nonché sul rapporto di forza che esiste tra i giornalisti e i soggetti che li chiamano in causa, anche quando si tratta di soggetti non descritti negli articoli.