Nuovi casi: “le aggressioni ad assistenti sociali sono ormai quotidiane”. Necessario aumentare il livello di sicurezza nei luoghi di lavoro. Il ruolo dei media. Indagine fotografa una “professione sempre più a rischio”
ROMA – “Aggrediti, stalkerizzati, minacciati: un vero e proprio bollettino di guerra quello a cui sono sottoposti gli assistenti sociali italiani”: la denuncia arriva dal Consiglio nazionale dopo l’ultimo episodio di aggressione ad Andria, in Puglia. L’ex presidente dell’Ordine regionale della Puglia e attuale Consigliere nazionale, Giuseppe De Robertis, ricorda il Consiglio, che è assistente sociale al servizio tutela minori di quel Comune, è stato raggiunto dalla benzina scagliata da una bottiglia da una donna. “Le aggressioni ad assistenti sociali sono ormai quotidiane: – si legge nella nota – in alcuni casi si è sfiorata la tragedia come nel caso della collega di Genova aggredita con un machete o quella di Prato picchiata selvaggiamente dalla madre di un minore che la riteneva responsabile dell’allontanamento della figlia avvenuto pochi prima; o, ancora, quella di Pavia finita all’ospedale per i pugni e calci ricevuti da un uomo sfrattato”.
I numeri mostrano che questo “fenomeno, che sta raggiungendo il livello di una vera e propria emergenza, è diretta conseguenza dello stato di crescente sofferenza in cui si trova oggi il sistema dei Servizi sociali: su questi servizi, infatti, si scarica la sfiducia e la rabbia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Sempre più spesso gli assistenti sociali si trovano a lavorare in condizioni difficoltose, senza i necessari strumenti, senza le necessarie tutele, lasciati soli a fronteggiare la dirompente complessità che riguarda le persone che si rivolgono ai Servizi sociali, letteralmente al limite dell’eroismo.
Gli assistenti sociali sottolineano anche le responsabilità dei media: “Non marginale responsabilità va ascritta ad una narrazione della professione di assistente sociale e degli interventi che competono a questa figura, frutto di semplificazione e superficialità se non addirittura di disprezzo e che ottiene il risultato di minare alla radice il rapporto di fiducia dei cittadini”.
Per l’ordine “non è più eludibile la necessità di attivare nuovi sistemi organizzativi finalizzati all’aumento del livello di sicurezza nei luoghi di lavoro, non disgiunti da strategie metodologiche per gestire meglio le criticità con investimenti in specifiche risorse professionali dedicate proprio alla sicurezza e nella formazione anche continua degli stessi assistenti sociali per gestire al meglio le eventuali emergenze”.
Recentemente il Consiglio nazionale degli Assistenti Sociali e dalla Fondazione Nazionale Assistenti Sociali ha promosso un’indagine sul tema sicurezza e aggressioni che ha coinvolto quasi 20 mila degli oltre 42 mila assistenti sociali italiani. Nel corso della propria esperienza professionale solo poco più di un assistente sociale su dieci (11,8%) non ha mai ricevuto minacce, intimidazioni o aggressioni verbali. Tre professionisti su venti (il 15,4%) hanno subito una qualche forma di aggressione fisica; l’88,2% è stato, dunque, oggetto di violenza verbale, mentre il 61% ha assistito ad episodi di violenza verbale contro i colleghi. Ed ancora: l’11,2% ha subito danni a beni o proprietà addebitabili all’esercizio della professione; il 35,8% ha temuto per la propria incolumità o quella di un familiare a causa del lavoro.
I NUMERI. Rilevante è che nel solo terzo trimestre del 2017 – e quindi in un arco di tempo relativamente breve – oltre mille tra i partecipanti alla ricerca abbiano subito forme di violenza fisiche che hanno richiesto un intervento medico importante. Dato, questo, preoccupante – considerate le conseguenze in termini di danni alla salute fisica e psicologica dei professionisti coinvolti – anche per la percezione da parte degli assistenti sociali di una sempre maggiore incidenza del fenomeno della violenza durante lo svolgimento del proprio lavoro. Un quarto del campione (25,4%) pensa che la violenza fisica contro gli assistenti sociali sia aumentata negli ultimi cinque anni; il 61% degli intervistati ritiene che lo sia quella verbale, il 47,1% ritiene che episodi che comportano danni o minacce di danni a beni e proprietà sia aumentata nello stesso arco di tempo.
Emerge, poi, che i settori nettamente più a rischio sono i servizi a tutela dei minori e i servizi a sostegno di adulti in difficoltà.
Circa un quarto del campione (24,5%) svolge la professione presso servizi a sostegno e tutela di bambini e famiglie; un quarto del campione (25,5%) si dedica a persone che hanno necessità di sostegno legate all’eta` anziana (14,1%) o a condizioni di disabilità (11,4%); il 9,3% degli intervistati lavora in servizi per adulti in difficoltà, il 5,9% si occupa di progetti sociali nell’ambito del penale o del penale minorile; 18,2% in servizi integrati socio-sanitari Solo il 3,6% è dedicato a servizi a sostegno della popolazione immigrata.
Non va, poi, sottovalutato il fatto che solo una parte delle aggressioni fisiche subite vengono segnalate alle autorità di pubblica sicurezza o al proprio ente, rispettivamente nel 10,6% e 23,3% dei casi. Presumibilmente in ragione di un certo grado di sfiducia diffuso tra i professionisti. Il 49% dichiara che a seguito di episodi di violenza verbale l’ente di appartenenza non ha preso alcuna iniziativa concreta per aiutarli e sostenerli.