Walter Veltroni, Uòlter, doveva aver fiutato il disastro. Venti giorni prima del voto del 4 marzo era andato ad una iniziativa della campagna elettorale del Pd a Milano. Spiegava: «Do una mano nei momenti difficili». Smentiva di voler tornare alla guida del partito: «In politica non si torna, si sta». Prima era stato “rottamato” da Matteo Renzi, poi era tornato in pista criticando sia la scissione di Bersani-D’Alema-Speranza sia l’allora segretario, in difficoltà per la sconfitta al referendum costituzionale.
Adesso Uòlter, come è stato ribattezzato dai comici satirici Ficarra e Picone per il suo buonismo non privo di stilettate spregiudicate, ha segnato di nuovo la sua presenza in una lunga intervista al ‘Corriere della Sera’. Il primo segretario del Pd, ex segretario dei Ds, ex ministro della Cultura e già sindaco di Roma ha indicato ai democratici la strada del dopo Renzi. I toni sono cortesi, ma le parole sono dure. Punto uno: la sinistra ha perso «il rapporto con il popolo. Senza il popolo non può esistere la sinistra». Punto due: «È abbastanza incredibile la rapidità con cui si è passati sopra la più grande sconfitta della sinistra nella storia del dopoguerra». Punto tre: «All’opposizione sì. Ma deve esserci un governo».
Mentre la XVIII legislatura è cominciata faticosamente sotto il protagonismo di Di Maio, Salvini e Berlusconi, il Pd è sbandato per la sconfitta. I voti del centro-sinistra e della sinistra sono volati via verso i partiti della protesta populista; il M5S e la Lega, o verso l’astensione. Veltroni ha analizzato il perché: il Pd non ha saputo dare una risposta al mondo «dominato dalla precarietà e dalla paura». Con una delle sue riflessioni tra il politologico e il poetico ha puntato il dito contro «l’errore drammatico di togliere alla nostra comunità le emozioni e la memoria», cioè «l’idea di partecipare a qualcosa di grande» e «il desiderio del futuro». In sintesi: è mancato un progetto politico credibile per affrontare la crisi economica e le forti disuguaglianze sociali.
Il problema immediato è il nuovo governo e come rispondere alle richieste di dialogo lanciate dai cinquestelle. Veltroni ha invitato a fare attenzione alle mosse di Sergio Mattarella: il Pd “per ora” fa bene a collocarsi all’opposizione, ma se «sotto la regia del capo dello Stato, emergesse un’ipotesi a certe condizioni programmatiche… il Pd farebbe bene a discuterne».
Ha indicato la strada per arrestare la caduta: «Il Pd ha bisogno di apparire ciò che è: una forza della sinistra con ambizioni maggioritarie». Un bel problema: significa ritessere un rapporto di fiducia e di partecipazione con i militanti e gli elettori delusi e sfiduciati. Uòlter ha criticato Matteo Renzi con una lunga perifrasi felpata ma urticante: «A Renzi non riserverò nessuna delle parole che furono riservate alle persone che in altri momenti avevano avuto responsabilità di guida a sinistra». Ha rimproverato all’ex segretario del Pd ed ex presidente del Consiglio «di aver perso tutte le elezioni dal 2014», cioè dopo il 40,8% incassato alle europee. Maurizio Martina, reggente dei democratici dopo la disfatta elettorale, neppure è menzionato.
Nessun riferimento nemmeno ai suoi errori di fondatore e primo segretario del Pd: il partito kennedyano in un’Italia senza Kennedy; la sconfitta elettorale patita per mano di Berlusconi nel 2008; il 33% di voti ottenuto teorizzando e praticando il partito autosufficiente senza alleati (ad eccezione di Antonio Di Pietro) che cancellò dal Parlamento sia la sinistra critica sia quella riformista; le dimissioni all’inizio del 2009 dopo aver perso anche nelle elezioni regionali in Sardegna, Sicilia, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia.
Adesso, ancora una volta, ha escluso una sua ricandidatura alla segreteria del Pd: «La mia passione politica si può esercitare senza potere». Per sé ha ritagliato la figura del segretario supplente. Ora tra le rovine del Pd si aggira un ex segretario (Renzi), un reggente (Martina) e un supplente (Veltroni): la ricerca di una nuova leadership appare lunga e difficile. Tra tante incertezze una sola cosa appare sicura: smentendo i molti annunci, anche questa volta Veltroni non andrà in Africa per aiutare le popolazioni povere di quel continente.
Fonte: www.sfogliaroma.it