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Un nuovo PD ha bisogno di un obiettivo identitario

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Il PD bloccato da Renzi – che se n’è andato, ma rimane – inizia a dare segni di disgelo. Le nomine alla presidenza dei gruppi sembrano un dato di poco conto, ma sono indice di una de-renzizzazione del partito, finalmente avviata. Il processo sarà lungo e non privo di rischi, ma dà speranza a chi spera che questa grande forza rientri nella sinistra. Certo, ci vorrebbe un obiettivo identitario forte, almeno quanto il reddito di cittadinanza dei 5S o il “prima noi”  dei leghisti.

Il PD potrebbe sollevare il vessillo del “Paese che funziona”, collegando giustizia sociale, senso del dovere e servizi sociali di qualità. Puntando ad una massiccio recupero di evasione fiscale per trovare i soldi per creare lavoro immediato con un piano serio di manutenzione di beni e servizi pubblici (lotta alla povertà, sanità, scuola, mobilità, beni culturali, ambiente, giustizia, ecc.).
Battere con insistenza su un “Paese che funziona” vuol dire creare coesione se si avverte un vero clima di cambiamento. Che può nascere solo dal buon esempio dei politici, con un clamoroso abbassamento di stipendio e rinuncia dei privilegi. Politici che diventerebbero così credibili per chiedere a tutti un nuovo senso del dovere. Ovvero, un patriottismo civile dove il furbo, l’evasore e l’assenteista verrebbero considerati disertori nella grande sforzo per risanare il Paese; mentre fare bene il proprio lavoro e pagare giuste tasse diventerebbe un orgoglio condiviso. Perché lo fanno tutti, per il bene di tutti, vedendo che il Paese ogni giorno migliora.

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