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Turchia, blitz nella redazione di Özgürlükçü Demokras. Cinque giornalisti arrestati e quotidiano sequestrato

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Anche nel giorno in cui festeggiava i suoi 15 anni al potere Recep Tayyip Erdogan ha impresso un ulteriore giro di vite contro la stampa libera in Turchia che continua a accusare di legami con la presunta rete golpista che fa capo a Fethullah Gulen. Nella tarda serata di martedì le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sede di Istanbul del quotidiano di sinistra libertaria e filocurda Özgürlükçü Demokras.
La polizia dopo aver perquisito la redazione e portato via copie del giornale e materiale vario dei redattori, ha arrestato cinque giornalisti e il proprietario della testata İhsan Yaşar.
Il Procuratore titolare dell’inchiesta ha anche disposto il sequestra del quotidiano e ha nominato un fiduciario. Una vicenda che ricorda quanto avvenuto due anni fa per i colleghi di Zaman, prima passato sotto l’amministrazione controllata voluta da Erdogan e poi definitamente chiuso alcuni mesi dopo.
Insomma, chiunque provi a espletare il diritto di libertà di informazione e di critica in Turchia diventa un bersaglio. L’unica stampa gradita a Ereogan è quella che ne celebra l’operato e la fermezza con cui governa il Paese, come in queste ore che si consacra il più longevo leader nella storia della Repubblica turca, superando il suo fondatore Mustafa Kemal Ataturk.
Il sito di opposizione Gercek Gundem ha calcolato che Erdogan è al potere da 5493 giorni ininterrotti alla guida della Turchia, ricoprendo prima la carica di premier dal 15 marzo 2003 e poi quella di presidente dal 10 agosto 2014, ha scavalcato il ‘padre della patria’, rimasto in carica dalla creazione della Repubblica dopo la caduta dell’impero ottomano, il 29 ottobre 1923, alla sua morte, il 10 novembre 1938..
E il suo ‘controllo’ sul Paese è destinato a intensificarsi.
Con l’approvazione della riforma che ha introdotto il
presidenzialismo, confermata dal referendum dello scorso anno, il prossimo capo dello Stato assumerà funzioni esecutive e non più solo simboliche e di garanzia costituzionale.
Ma Erdogan, anche prima di ‘legittimarsi’, sin dall’inizio del suo mandato non si è mai limitato a un ruolo di garante ma ha guidato di fatto il governo e presieduto periodicamente anche il Consiglio dei ministri.
Insomma un’egemonia totale che nessuno deve mettere in discussione, pena la perdita della libertà.
E a finire nel mirino del Sultano non sono solo i giornalisti, almeno 150 quelli in carcere.
Nelle ultime 24 ore decine di retate in Turchia per sospetti legami con Gulen, a oltre 20 mesi dal fallito golpe del luglio 2016, hanno interessato sia l’apparato statale che militare in 15 province e nel nord del Paese.
Tra i fermati, riferisce l’agenzia Anadolu, anche agenti e studenti delle accademie di polizia.
Altri 27 soldati accusati di essere ‘gulenisti’ sono stati arrestati in blitz compiuti in 21 province per ordine della procura di Adana, nel sud del Paese.
Un’altra operazione coordinata dalla procura di Bilecik, nel nord-ovest del Paese, ha invece portato all’arresto di 12 ex docenti.
Si stima che da quando è entrato in vigore lo Stato di emergenza oltre 90 mila tra militari, accademici, magistrati, medici, funzionari pubblici e operatori dell’informazione sono finiti in carcere. E purtroppo non è ancora finita.


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