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Tra il M5S e la Lega consonanze e dissonanze

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Donald Trump deve molto a Steve Bannon. Per il M5S e la Lega potrebbe accadere lo stesso. È grazie anche a Bannon se il ricco imprenditore è stato eletto presidente degli Stati Uniti d’America nel 2016. Il giornalista amante di internet è stato lo stratega della campagna elettorale basata sulla “rivoluzione nazional populista” con la quale Trump ha battuto la candidata favorita alla Casa Bianca, la democratica Hillary Clinton.

La nazione americana contro la globalizzazione, l’industria statunitense contro la finanza internazionale, il ceto medio ed operaio impoveriti e precariezzati contro la delocalizzazione delle fabbriche decisa dalle multinazionali, il primato del Paese a stelle e strisce contro le grandi organizzazioni sovranazionali, gli americani contro gli immigrati. La ricetta della destra sovranista e protezionista ha affascinato gli Usa e Trump ha battuto la Clinton.

La stessa ricetta si sta imponendo in Europa, può fare e fa faville soprattutto in Italia: il M5S e la Lega sono le protagoniste. Bannon, da qualche settimana nel nostro Paese, non nasconde la sua soddisfazione per le elezioni politiche del 4 marzo: il M5S e la Lega, la sua favorita, hanno trionfato secondo i suoi auspici. In una conversazione con ‘La Stampa’ ha indicato nel Belpaese «il cuore della rivoluzione»: i cinquestelle e i leghisti sono i partiti espressione della «rivolta dei disagiati». Le lodi si sprecano: in Italia c’è la «forza trainante del nazional populismo» perché «siete più creativi di britannici, francesi e tedeschi». Dall’analisi Bannon è passato alle prospettive: «Il mio sogno è di vederli governare assieme».

Forse non è solo “un sogno”. L’ipotesi dell’ex ideologo di Trump, una volta quasi fantapolitica, adesso non sembra del tutto peregrina. Sia il M5S (32,6% dei voti) sia il centro-destra (37%) a trazione leghista hanno vinto le elezioni, ma non hanno conquistato una maggioranza in Parlamento in grado di sostenere un governo. Così si è aperto uno spiraglio per il “sogno” di Bannon. Matteo Salvini lo alimenta annunciando: «Esclusa una collaborazione con il Pd, tutto il resto è possibile». Il segretario della Lega finora si è sempre proposto come presidente del Consiglio di un governo basato sul centro-destra, ma potrebbe cambiare: il 17,3% dei consensi ottenuti dal Carroccio sommati a quelli dei cinquestelle possono dare vita a un esecutivo dei due populismi forte del 50% dei voti e della maggioranza dei seggi alla Camera e al Senato.

Salvini il 14 marzo ha alzato il telefono e ha parlato con il capo del M5S. Hanno discusso sulle presidenze della Camera e del Senato da eleggere il 23 marzo. Il M5S e la Lega ne dovrebbero incassare una a testa, secondo il segretario del Carroccio. Non solo. Propone di rivedere «in 7 giorni» l’attuale legge elettorale «applicando un premio di maggioranza alla coalizione vincente».  Di Maio su Facebook, però, ha rivendicato «l’attribuzione al MoVimento della presidenza della Camera dei Deputati».  Su un accordo per il nuovo governo nulla di concreto, c’è grande cautela. Il capo politico pentastellato ha precisato più volte che una cosa è l’intesa sulle presidenze delle Camere e un’altra quella per il governo: non sono legate. Di Maio si candida a presidente del Consiglio e vuole parlare «con tutti». Dal Pd, guidato dal reggente Maurizio Martina dopo le dimissioni di Matteo Renzi, si è già preso un no mentre un’apertura è arrivata da Salvini.

Tra la Lega, forza nazionalista di destra, e il M5S, movimento della protesta di sinistra-destra, ci sono consonanze e dissonanze. Hanno raccolto una valanga di voti dopo la Grande crisi economica internazionale iniziata nel 2008, hanno messo sul banco degli imputati e decimato i partiti tradizionali, si sono scagliati contro le élite per poi corteggiarle ed ottenere riconoscimenti. Sono due forze euroscettiche, ostili all’euro e alle sue regole con simpatie per Vladimir Putin, entrambe vogliono rispedire a casa gli immigrati illegali sbarcati in Italia, intendono abolire la legge Fornero che ha innalzato gli anni per la pensione e cancellare il Jobs Act, puntano ad aumentare il deficit pubblico per sostenere investimenti e occupazione. Sono due forze di opposizione anti sistema impegnate in una metamorfosi governativa.

Ma assieme alle consonanze ci sono le dissonanze: sia Di Maio sia Salvini vogliono la presidenza del Consiglio, il M5S ha preso i voti soprattutto al Sud e la Lega al Nord, i cinquestelle chiedono il reddito di cittadinanza mentre i leghisti lo contestano come misura assistenzialista, il Carroccio vuole la flat tax (una unica tassa piatta al 15% che favorisce soprattutto gli alti redditi), mentre i pentastellati progettano una riduzione delle aliquote Irpef (va incontro al ceto medio). Non solo. Salvini deve fare i conti anche con Silvio Berlusconi. Il presidente di Forza Italia respinge ogni ipotesi di un accordo con “la setta” (come definisce il M5S), mentre punterebbe ad una intesa con il Pd. L’ex presidente del Consiglio teme la supremazia del Carroccio. La Lega e Forza Italia possono finire in rotta di collisione e il centro-destra rischia lo sfaldamento. Un governo M5S-Lega è un rebus complicato.

Fonte: www.sfogliaroma.it


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