L’imbarcazione della ong spagnola è sfuggita all’inseguimento di una motovedetta libica, rifiutandosi di consegnare le persone recuperate da un gommone
La Procura di Catania ha disposto il sequestro della nave della ong spagnola ProActiva Open Arms, da sabato ormeggiata nel porto di Pozzallo (Ragusa) dove è avvenuto lo sbarco di 218 migranti.
Il porto di Pozzallo è l’approdo sicuro assegnato alla nave dopo il caso esploso due giorni fa nel Mediterraneo, quando la ProActiva Open Arms è sfuggita a un inseguimento di una motovedetta libica che minacciava di aprire il fuoco se i membri della ong a bordo non avessero consegnato le donne e i bambini raccolti da un gommone. Il caso si è sbloccato dopo una richiesta formale del governo spagnolo a quello italiano.
Il loro obiettivo primario è salvare migranti e portarli in Italia, senza rispettare le norme, anzi violandole scientemente. È quanto ipotizza la Procura di Catania nei confronti dell’Ong spagnola. Un avviso di garanzia è stato notificato a tre indagati: il comandante, il coordinatore di bordo e il responsabile spagnolo dell’Ong, in corso di identificazione. Il reato ipotizzato dalla Procura diretta da Carmelo Zuccaro è associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. È lo stesso magistrato che lo scorso anno ipotizzò che a finanziare alcune Ong fossero i trafficanti di esseri umani, sollevando un vespaio politico.
L’ipotesi di reato odierna è contestata dal legale del comandante della nave, l’avvocatessa Rosa Emanuela Lo Faro, che, in attesa di leggere gli atti usa l’ironia: “Poiché il decreto legge 286 del 1998 dice chiaramente che non commette reato chi soccorre persone devo dedurre che hanno istituito il reato di solidarietà…”.
Al centro dell’inchiesta l’approdo ieri a Pozzallo della nave e in particolar modo le dinamiche che lo hanno preceduto. Per l’Ong è stata un’azione da stato di necessità, un soccorso in mare per salvare vite; per la Procura di Catania oltre a questo c’è un progetto preciso di portare i migranti in Italia anche violando legge e accordi internazionali. La prova, per l’accusa, è proprio l’ultimo salvataggio, al centro di un intreccio di normative e regolamenti che ha coinvolto quattro Paesi: Italia, Spagna, Libia e Malta.
Quattro giorni fa la nave dell’Ong soccorre dei barconi e recupera 218 migranti. Un intervento contestato dalla guardia costiera libica che ritiene sia stato compiuto in un’area di di sua competenza e chiede di potere prendere in carico i migranti. L’Ong resiste, anche, secondo la sua ricostruzione, alle armi puntate dei militari, che però smentiscono e accusano la nave spagnola di “comportamento provocatorio” e di “mancato rispetto delle regole”.
La Guardia costiera italiana sottolinea che il coordinamento era stato “assunto dalla Guardia Costiera libica” e che la Ong ne era a conoscenza. Ciononostante, è la tesi della Procura, Open Arms ‘resistè e vince, ma facendo aprire un altro fronte: la sede dell’approdo. Tra i migranti ci sono bimbi e persone in condizioni precarie di salute. Risponde all’appello Malta, con una motovedetta che raccoglie una bimba di tre mesi disidratata e con la scabbia e sua madre. Ma ancora nessuna indicazione su dove dirigersi. Intanto la Guardia Costiera segnala che “nonostante la vicinanza con l’isola di Malta, la nave proseguiva la navigazione verso le coste italiane in attesa di indicazioni dell’autorità spagnola”.
È infatti lo Stato di bandiera dell’imbarcazione, in questo caso la Spagna, a dover chiedere all’Italia di permettere l’approdo, secondo il Codice delle Ong sottoscritto da Proactiva. Ma la nave non invia alcuna richiesta alle autorità spagnole e continua a navigare verso nord. Un comportamento che per la Procura di Catania viola leggi e accordi. Volutamente, per poter sbarcare in Italia. Una volta al limite delle acque territoriali arriva l’ok a dirigersi verso Pozzallo, dove approda ieri. E dove resterà sotto sequestro, in attesa della decisione del Gip sul provvedimento della procura.
Avvenire