Nelle stesse ore in cui la Procura di Venezia otteneva l’arresto di Antonino Vadalà per un vasto traffico internazionale di droga, Jàn Krempasky, girava per Bova Marina per cercare di capire cos’è quello spicchio di Calabria da dove probabilmente è partito l’ordine di uccidere Jan Kuciak e la fidanzata.
Krempasky è un redattore del quotidiano slovacco Sme, il più diffuso del Paese, ed è venuto in Italia per un reportage sulla terra di ‘ndrangheta. Il servizio uscirà a puntate da lunedì prossimo e prima di ripartire ci ha anticipato le sue impressioni. Dunque l’informazione slovacca non molla, non smette di scavare sui legami tra l’orribile delitto del 25 febbraio scorso, la ndrangheta calabrese e il business che questa avrebbe messo in piedi in alcuni Paesi dell’Est, anche attingendo a fondi comunitari attraverso il sistema delle truffe, già sperimentato con successo in Calabria sin dall’inizio degli anni Duemila.
“Quando ho proposto di fare un ampio servizio sulla Calabria – racconta Jàn Krempasky – perché volevo seguire le tracce di Antonino Vadalà, molti mi hanno detto: ‘Ma non hai paura?’. Ho risposto che se si vuole fare un buon giornalismo bisogna andare sul posto, chiedere, vedere con i propri occhi il clima che c’è. Bisogna rivolgersi alle forze investigative e comprendere come loro si muovono su fenomeni criminali così importanti e violenti”
Ed è quello che hai fatto, immagino
“Sono stati due giorni intensi, prima tappa a Reggio Calabria, dove ho parlato con il Procuratore Gaetano Paci. Poi altra tappa a Bova Marina, la città di Antonino Vadalà, ho intervistato il padre e ho cercato di sentire la gente del posto. Ho notato che quando cercavo di portare il discorso sull’argomento della ndrangheta, molti cambiavano atteggiamento, cercavano di parlare d’altro. Alcuni mi hanno detto di essere molto dispiaciuti del fatto che vengono considerati tutti mafiosi e che, in realtà, sono delle brave persone. Ho intervistato anche alcuni consiglieri di Bova Marina e mi sono fatto raccontare come vanno le cose in un Comune che è stato commissariato due volte. In questo viaggio in Calabria sono stato accompagnato da Michele Albanese, che è un giornalista d’inchiesta e conosce molto bene il fenomeno della ndrangheta e delle possibilità che questa organizzazione ha di spostarsi e fare affari nel resto dell’Europa”.
Ed era infatti questo il filone d’indagine che stava seguendo Jan Kuciak prima del suo assassinio. Stai continuando, in fondo, il suo lavoro?
“Ho conosciuto Jan. Lavoravamo per giornali diversi ma apprezzavo molto il suo giornalismo investigativo e il reportage dalla Calabria vuole essere un modo per riprendere la sua inchiesta sugli interessi e il potere della ndrangheta in Italia e dunque questo può essere utile a capire cosa sta succedendo in Slovacchia, ma io credo che serva a capire un po’ di cose anche in generale su come si muove l’organizzazione criminale in Europa”.
Vadalà è stato appena arrestato su richiesta della Procura di Venezia nell’ambito di un’indagine in cui, a vario titolo, si contestano il traffico di droga e il riciclaggio. Ed è stato bloccato dalla polizia proprio in Slovacchia. Si trovava lì dopo la fine del breve arresto per le accuse sull’omicidio di Kuciak
“Sì, era stato arrestato in Slovacchia perché considerato al centro dell’inchiesta sull’omicidio del giornalista e poi scarcerato per decorrenza dei termini. Adesso bisognerà vedere le accuse dei magistrati italiani e spero che questa indagine aiuti tutti noi giornalisti europei a ricostruire tutto quanto”.
Subito dopo le notifiche delle ordinanze di custodia cautelare il Procuratore di Venezia, Bruno Cherchi, ha dichiarato che “l’importanza dell’indagine sta anche nel coinvolgimento di alcuni personaggi che sono di grosso spessore nell’ambito della criminalità organizzata,in particolare c’è Vadalà, arrestato per l’omicidio del cronista slovacco e poi rilasciato”. Le parole del procuratore confermano dunque l’elevato calibro criminale di Antonino Vadalà e la sua capacità di poter operare in ambito internazionale.
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