Tra i tanti ricordi di Mimmo che si affollano nei miei ricordi e in quelli di tanti colleghi che come me lo stimavano e gli volevano bene, mi viene voglia di ricordare il suo impegno per un “mestiere” fatto non solo di racconto e di adrenalina da “prima linea” ma di riflessione, approfondimento e soprattutto senso di responsabilità. Quando gli ho parlato al telefono, in occasione delle vicende irakene, o nei convegni organizzati da Rainews, Reporter Sans Frontieres, Articolo 21 e molti altri, ho sempre raccolto l’insegnamento che vorrei continuare a trasmettere: essere al “centro della storia”, riportare le cronache di battaglie, guerre, attentati, genocidi, implica un particolare senso di responsabilità. Senza prendere parte ma partecipando delle sofferenze e raccogliendo punti di vista anche i più opposti: in un paese come il nostro dove durante la guerra in Iraq fummo invitati noi “reporter di guerra” a definire terroristi quelli che per noi erano “ribelli o insurgents”, il suo insegnamento ci ha aiutato a tenere dritta la barra.
Insomma Mimmo ha rappresentato la migliore parte di un mestiere difficile che ti pone sempre davanti all’estremo: un pericolo non solo da mina o proiettile vagante, ma da errore di valutazione e mancanza di etica.
Grazie Mimmo.