Sono in pochi a sapere che, durante la prigionia, alcuni tra i più bei racconti dei Grimm furono tradotti da Antonio Gramsci, con la mente rivolta ai nipoti e ai suoi figli che non aveva più visto da quando avevano l’uno due anni e l’altro due mesi. Tuttavia per questa trasposizione personale dal tedesco nella nostra lingua, il fondatore del Partito Comunista Italiano entra a pieno titolo tra gli autori della letteratura per bambini. Ventiquattro fiabe dei Grimm che chiamava “novelline elementarissime”, alle quali Antonio Gramsci lavorava per amore, per combattere l’abbrutimento carcerario e perfezionare lo studio della lingua. Come documenta in maniera particolareggiata Graziella Falconi, curatrice de “Le favole della libertà” pubblicate nel 2017 dalle edizioni Harpo. La Falconi, attraverso passi autentici delle lettere di Gramsci indirizzate ai familiari e filtrate da un’opprimente censura, traccia il ritratto della grandezza di quest’uomo. Attraverso la sua detenzione illegale durata dieci anni, dalla fine del 1926 all’inizio del 1937, mostra la sofferenza psicologica e fisica nella quale è immerso durante il lavoro di traduttore, consegnandoci in maniera inedita il politico e il pensatore nelle vesti di padre e pedagogo.
Chi ha letto nell’infanzia le fiabe dei fratelli Grimm, a sentir citare “Giovannin senza paura” ricorderà la vicenda, elogio di quel coraggio che rende migliore la vita. In queste “novelline” Gramsci esprime concetti che si differenziano dalle variazioni sul tema di noti scrittori. Ad esempio cambia il titolo al famoso Giovannin senza Paura utilizzando la familiarità del gergo: Giovannin è un bambino che supera indomito prove difficili ed è premiato per il suo coraggio, ma sperimenta cosa sia “ la pelle d’oca” per un banale gavettone fattogli dalla moglie. Esemplificazione profonda di come il terrore sia legato alla nostra psiche e alla sfera più intima. Ancora, l’arcinota “Cenerentola” è ecologicamente immersa in un ambiente nel quale natura, animali e piante, la proteggono ma i cattivi per spuntarla si autoinfliggono stupidamente mutilazioni fisiche. Illuminante a tal proposito è lo studio di Graziella Falconi sulle varie versioni delle fiabe dei fratelli Grimm nel corso della storia e, in particolare, sulle favole gramsciane la Falconi scrive: “ Gramsci non commenta questo esercizio di traduzione, non dice nulla di queste fiabe, nemmeno se e come abbiano reagito i nipotini cui erano destinate”.
Non è però un caso che questi fogli sparsi, pubblicati postumi, siano stati raccolti sotto il titolo di “favole della libertà”, quella libertà il cui valore pedagogico Antonio Gramsci consegna alle generazioni future. A completamento del volume la curatrice aggiunge i “Raccontini di Ghilarza e del carcere”, componimenti brevi e toccanti espressi attraverso le lettere indirizzate ai suoi cari. Un libro importante, che fa scoprire l’aspetto meno conosciuto di Antonio Gramsci, la cui statura morale non deve far incorrere nell’errore di considerare il testo di non facile comprensione: le favole sono godibili, semplici o meglio “elementari” come lui le considerava, scritte con quel tocco affettuoso che arriva al cuore dell’infanzia, adatte anche ai bambini che abbiano un’età a una cifra sola.
Antonio Gramsci “Le favole della libertà” – A cura di Graziella Falconi
Harpo editore – Pag. 204 – euro 13