Istat: contratti a termine, chi li ha visti? “Mister Catastrofista”, Renzi, trilla ancora. Il Def? Padoan: non so come andrà a finire. Federconsumatori, disuguaglianze crescono
Di Alessandro Cardulli
Si rincorrono Istat, Bankitalia, Ocse. È una corsa a chi arriva prima per quanto riguarda i dati sull’occupazione, il tenore di vita delle famiglie, la povertà, i giovani. Ognuno mette in campo i numeri che più facevano comodo a chi governava, agli scriba dei media. Numeri che non hanno turbato i sonni di Renzi, Gentiloni. Anzi, se ne sono appropriati per decantare le loro gesta, permettendo loro di mostrare una Italia del bengodi. Padoan qualche sussulto ogni tanto lo ha avuto, lui con i dati economici ha una lunga convivenza e ogni tanto cercava di mitigare i bollenti spiriti dei renziani di ferro. L’ex segretario del Pd ancora non si è risvegliato. I colpi subiti, prima con la sconfitta nel referendum con il quale voleva cambiare la Costituzione, poi la dèbacle elettorale, non hanno consigliato al Matteo, “Mister catastrofista”, come lo definisce Asor Rosa, di affrontare la realtà del nostro paese, pieno di problemi, fanalino di coda nei paesi della Ue. Accade così che gli istituti di statistica continuano a negare, o meglio mascherare la realtà. Renzi, così continua a spacciare per oro colato la sua gestione sia come presidente del Consiglio che come segretario del Pd. Ora che non lo è più sarebbe il caso che non mascherassero più quanto sia grave la situazione economica e sociale dell’Italia. Del resto che il futuro ha un volto ignoto e che non c’è proprio da essere ottimisti è proprio Padoan, il ministro impegnato nelle riunioni dei ministri che si svolgono a Bruxelles, a farlo capire a chiare lettere. “In questi due giorni – dichiara alle agenzie di stampa – ho incontrato Dombrovskis, Mooscovici e Centano per informarli del fatto che implicitamente, finché non ci sarà un nuovo governo la Commissione deve attendere l’invio del documento programmatico che è compito del nuovo governo redigere. La Commissione – prosegue – si è mostrata aperta e paziente ad attendere questo passaggio ulteriore”. Poi, a conclusione dell’Ecofin i giornalisti gli hanno chiesto cosa succederà in Italia. La risposta: “Ho detto non so e ho presentato tutte le opzioni”. Se lo dice lui c’è da credergli.
Il futuro ha un volto ignoto ma gli statistici diffondono ottimismo
Il futuro ha un volto ignoto, benché gli istituti di statistica si sforzano di diffondere ottimismo. Ieri era stata Bankitalia a mascherare il fatto che l’economia non va proprio bene. Anzi. Ma il gioco ha retto poco perché non era facile mascherare quanto gli analisti avevano messo in luce. Basta un dato: una famiglia su quattro a rischio povertà. E l’Ocse faceva presente che per quanto riguarda l’occupazione eravamo il fanalino di coda fra i paesi della Ue. E segnalava che la disoccupazione passava dall’11,1 di novembre all’11,2. Oggi scende in campo Istat, squilli di tromba regalati agli scriba dei media. Titola il televideo Rai: disoccupazione a 11,2%, minimo da 4 anni. Intanto non è vero, dato che il minimo è stato toccato a novembre, poi la risalita. Non solo. Il tasso di occupazione – sempre Istat – sale a 58% il più alto dal 2009. Poi vai a leggere e scopri che nel 2008 il tasso era 0,7 punti più alto. Ancora: la crescita dell’occupazione è di 265 mila unità. Già, ma quanti sono i contratti a tempo indeterminato? Istat lo dimentica perché si tratta per gran parte di contratti a termine. Non è un caso che la crescita riguarda i giovani da 15 a 34 anni, contratti a termine, lavoretti. Afferma Emilio Viafora, presidente di Federconsumatori: “Le notizie che mostrano la ripresa del mercato del lavoro sono meno rosee di quanto appaia. È importante notare, infatti, come l’incidenza delle assunzioni a tempo indeterminato sia scesa drasticamente nel corso degli anni, passando dal 16,1% del 2015 al 10,6% nel 2017. Questo rende ancora più evidente una tendenza che evidenziamo da tempo: cioè che la crescita interessa soprattutto i lavoratori a termine ed i precari. Altro campanello dall’allarme riguarda le disparità tra il Nord, Centro e Sud: la disoccupazione al Sud, infatti, risulta pari a tre volte quella del Nord (19,4% nel Sud contro 6,9% nel Nord)”.
Viafora: penalizzati i nuclei familiari di pensionati e operai
Viafora passa poi ad esaminare i dati illustrati ieri da Bankitalia che rivelano uno spaccato drammatico del Paese, in cui avanzano povertà e disuguaglianza. “I dati confermano quanto abbiamo denunciato poche settimane fa pubblicando il Report Redditi e Consumi 2013-2018 da cui risulta un quadro di forte disparità rispetto ai redditi delle famiglie a seconda dell’inquadramento professionale del principale percettore di reddito all’interno del nucleo familiare. Nettamente penalizzati sono i nuclei familiari di pensionati e operai: il reddito del nucleo in cui il principale percettore è un pensionato risulta, infatti, inferiore del 18% rispetto al valore medio, quello in cui il principale percettore è un operaio del 16%. In controtendenza l’andamento del reddito in cui il principale percettore è un dirigente, che risulta maggiore del +408% rispetto al valore medio. Un ulteriore elemento di gravità che il rapporto di Bankitalia non prende in considerazione è dato dall’andamento della spesa e gli aumenti a cui le famiglie devono far fronte. Dalle nostre analisi, emerge chiaramente – dice Viafora – come il reddito delle famiglie venga eroso fortemente dalla spesa per consumi di beni e servizi”.
Dal 2013 al 2018 (effettuando una stima relativa all’anno in corso) si è registrata una crescita del reddito medio del +4,4% (3,8% al netto dell’inflazione), a fronte di un aumento della spesa del +6,4%. Entrando maggiormente nel dettaglio, per i redditi medio-bassi, nel periodo 2013-2018 la spesa cresce più del reddito: ad esempio per un pensionato la spesa cresce del +9% a fronte di un aumento del reddito del +2%. Tale andamento, invece, si inverte se si prendono in considerazione i redditi medio-alti: per un dirigente la spesa cresce del +11% a fronte di un aumento del reddito del +16%.
Dolorose rinunce delle famiglie su salute e formazione universitaria dei figli
“Il risultato di tale trend le famiglie lo vivono sulla propria pelle: non riuscendo a far fronte alle proprie spese, sono costrette ad effettuare dolorose rinunce, persino in settori delicati ed importanti come quello della salute o della formazione universitaria. Le disuguaglianze illustrate da più fonti sono pertanto destinate ad amplificarsi alla luce di una crescita diseguale – conclude Viafora – per questo è urgente l’avvio di misure tese ad una redistribuzione dei redditi e ad un complessivo riequilibrio delle condizioni economiche e sociali, attraverso un piano di investimenti che miri al rilancio di un’occupazione di qualità”.