La redazione de “I Siciliani”
La Direzione Investigativa Antimafia lo chiama “inabissamento”. E’ lo strumento che consente alla mafia l’infiltrazione silente del tessuto socio-economico, ricorrendo anche alla cooperazione tra più gruppi criminali.
Niente guerre, niente scontri, nessun teatro.
Per consentire alla politica di parlare d’altro, per permettere agli uffici pubblici di procedere oltre, di ignorare denunce, di chiudere gli occhi. Un modo di esercitare il potere senza clamore e con maggiore efficacia: il modello Catania.
San Cristoforo è il quartiere delle famiglie mafiose Santapaola e Mazzei. Un dedalo di viuzze ingarbugliate che dà le spalle al mare. Un po’ di scuola impaurita per i ragazzini, le palestre chiuse, le piazze di spaccio a ogni incrocio, i bambini rassegnati a fare la fine dei padri con la benedizione dei Salesiani.
C’è chi resiste a San Cristoforo. Ogni tanto mandano un “parrino” coraggioso. Un gruppo di circensi metropolitani ha occupato uno spazio abbandonato avviando attività per le donne e i bambini del quartiere. Il Gapa, centro di aggregazione, fa doposcuola, palestra popolare e stampa un giornale che distribuisce in tutto il quartiere facendo nomi e cognomi dei mafiosi.
C’è pure chi insiste. “A San Cristoforo non c’è la mafia”, grida durante un comizio elettorale Riccardo Pellegrino, consigliere comunale di Forza Italia, amico orgoglioso di Carmelo Mazzei, figlio del boss Nuccio, ergastolano, detenuto al 41 bis. “Io sono orgoglioso di vivere a San Cristoforo, il quartiere storico dei Santapaola e dei Mazzei”, confessò Pellegrino ai giornalisti di LiveSicilia chiedendo di smetterla di mettere in prima pagina il nome della famiglia Mazzei.
San Cristoforo è il quartiere della città di Catania con la più alta concentrazione di beni confiscati alla mafia. Decine e decine di appartamenti, botteghe, capannoni, garage. Investimenti immobiliari dei boss, case dove nascondere i latitanti, stalle per i cavalli dopati da utilizzare nelle corse, attività commerciali dove riciclare denaro sporco.
Beni che dopo il sequestro e la definitiva confisca dovrebbero essere gestiti dallo Stato, dall’“Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, che li può immediatamente assegnare al Comune o ad altri enti pubblici, ma che spesso rimangono nelle mani della mafia.
Qualche anno fa la Prefettura si accorse che un capannone di San Cristoforo, confiscato a Santo Mazzei nel 1992, nonostante l’affidamento al Comune nel 1999, continuava ad essere usato dagli amici del boss come stalla.
“Fatevi i cazzi vostri”, avevano scritto sulla saracinesca, come monito a chi avesse voluto incuriosirsi. Soltanto nel 2012 il Comune di Catania corse ai ripari demolendo la struttura e trasformandola in una graziosa piazzetta. I funzionari comunali dissero, a loro discolpa, che di quel bene, tra un mare di scartoffie, se ne erano dimenticati.
A San Cristoforo sono tanti i beni confiscati alla mafia dimenticati dall’agenzia nazionale e dal Comune. Ci sono gli appartamenti al pian terreno confiscati, assegnati al Comune, e utilizzati dalle sentinelle per nascondersi e così avvisare dell’arrivo delle “guardie” chi spaccia. E gli altri appartamenti, sempre fronte strada, dove nascondere temporaneamente le stecchette di erba e le palline di cocaina.
In una delle vie principali del quartiere, di fronte al mercato al coperto, c’è un bar. Il 12 giugno 2014 l’immobile che lo ospita è stato confiscato alla mafia, nell’ambito di un’operazione della Direzione Investigativa Antimafia che ha portato alla confisca di un milione e mezzo di beni di proprietà di Giuseppe e Grazia Corra, suocero e moglie di Angelo Santapaola, cugino del boss mafioso Nitto Santapaola: undici appartamenti, svariati conti correnti, due autovetture.
Il 6 aprile 2016 la confisca è diventata definitiva e irrevocabile ma il bar non ha chiuso neppure per un giorno, nessun funzionario pubblico è andato a controllare, tutti hanno fatto finta di niente. L’Internet Chiosco Bar continua ad essere aperto. Due tavolini di plastica sulla strada, un misero vassoietto per i cornetti e i panzerotti, quattro videopoker in fondo, nella stanza buia dopo il bancone: vera attrazione del bar.
Sulla parete del grande frigorifero dove stanno in fila le bottiglie di Moretti, un grande manifesto elettorale di Forza Italia invita a votare Riccardo Pellegrino alle elezioni regionali.
A San Cristoforo in un bene confiscato alla mafia, mai tolto alla mafia, una ragazza fa caffé, pagata qualche decina di euro a settimana. Soldi che non bastano ad arrivare alla fine del mese.