La perquisizione ed il sequestro di materiale informatico subite dal giornalista del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, sono “illegittimi“. E’ una notizia importantissima e che farà giurisprudenza quella adottata dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 9989. I giudici hanno ordinato la restituzione al collega Marco Lillo di tutto quello che gli è stato sequestrato, vietando inoltre ai magistrati il “trattenimento di copia dei dati acquisiti”. Bene ha fatto la Federazione della Stampa, con il segretario Raffaele Lorusso ed il Presidente Giuseppe Giulietti a levare alta la loro voce, a tutela di tutti i colleghi. E’ impossibile che, per tentare di arrivare alle fonti di un giornalistica, unico e sacro patrimonio, si tenti di scardinare gli archivi del giornalista stesso.
Affinché il sequestro sia valido, si legge nella sentenza con cui la Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza emessa ai danni del giornalista del Fatto quotidiano, “non è sufficiente affermare che si tratti di atti relativi al libro che ha divulgato al pubblico la notizia segreta presumibilmente rivelata da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio”. ”Occorre verificare che detti documenti abbiano uno specifico legame con la condotta di rivelazione di segreto di ufficio, in particolare perché contenenti elementi utili per individuare la provenienza della notizia ricevuta dal giornalista”.
Quindi, nei confronti dei giornalisti più che di ogni altra categoria professionale, per evitare il rischio di “potenziali limitazioni che alla libertà di stampa potrebbero derivare da iniziative immotivatamente invasive“, non possono essere disposte misure di sequestro ‘a strascico della corrispondenza, delle comunicazioni, o di ogni altro materiale e documentazione sulla base di un “semplice nesso di pertinenzialità tra le notizie ed il generico tema dell’indagine”.