Con olimpica calma la giustizia sportiva sta per affrontare il caso di Eugenio Maria Luppi, attaccante salito agli onori (anzi, ai disonori) delle cronache per aver fatto il saluto romano dopo un gol. In quel di Marzabotto, località tristemente nota perché i nazisti nel 1944 vi uccisero 770 civili.
La giustizia sportiva ci ha messo ben quattro mesi per occuparsi di una vicenda finita su tutti i giornali, tg e siti: il gol di Luppi, ma sopratutto l’esultanza che per l’accusa sportiva configura “estremi della propaganda ideologica vietata dalla legge, inneggiante a comportamenti discriminatori ed inoltre idonea a costituire incitamento alla violenza o a costituirne apologia”. Era il 12 novembre quando Luppi con la sua squadra di allora il Futa 65, militante in seconda categoria, segnò ed esultò con un saluto romano e mostrando una maglia della Repubblica di Salò, che indossava sotto la divisa. Oggi, 12 marzo il Tribunale federale deciderà se punire il giocatore, che ha sempre negato che esultanza e maglia fossero richiami al fascismo. L’attaccante nel frattempo ha fatto un salto di categoria e ora gioca (malgrado le proteste di Anpi e Cgil) nel Borgo Panigale (squadra che, peraltro, lotta per non retrocedere). Vedremo ora se Luppi sarà squalificato.