È inutile star qui a interrogarsi su chi e perché abbia assassinato Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, i due ragazzi del centro sociale milanese Leoncavallo che caddero sotto il fuoco di ben otto proiettili la sera del 18 marzo 1978. Via Mancinelli, dietro il Leoncavallo, si trova nel quartiere popolare milanese del Casoretto ed è uno di quei luoghi in cui un tempo gli operai, gli ultimi e i deboli della nostra società si sentivano una comunità e si riconoscevano nei valori e nelle idee della sinistra.
Fausto e Iaio erano, invece, due figli del loro tempo, di quei Settanta maledetti e violenti che tanto sangue, tanto dolore e tante spaventose sofferenze avevano già arrecato e avrebbero continuato ad arrecare, nel contesto di una società divisa, frammentata e in guerra con se stessa, in cui due giorni prima si era consumato quello che, a ragione, è stato definito “il nostro 11 settembre”, ossia il rapimento di Aldo Moro e la mattanza della sua scorta, in un Paese sconvolto, scioccato, mai come in quel momento fragile, spaesato e privo di speranze e punti di riferimento.
Fausto e Iaio è doveroso ricordarli per ciò che erano: due ragazzi che amavano la musica, la politica, il blues e i Rolling Stones, due ragazzi al centro di una fase storica tremenda, due ragazzi che non volevano arrendersi alla barbarie e la contrastavano in tutti i modi possibili e immaginabili, due ragazzi che indagavano e cercavano di formarsi un’opinione su tutto, due ragazzi curiosi e vittime, con ogni probabilità, del combinato disposto tra fascisti e Banda della Magliana.
Molto è stato detto e scritto su di loro, poco tuttavia se ne sa e se ne vuole ricordare. Sì è preferito l’oblio, si è preferito dimenticare: a destra sono diventati dei precursori dell’eccesso, quando in realtà erano l’esatto opposto, e a sinistra dei martiri di idee che la medesima, nei quattro decenni successivi, si è allegramente messa sotto i piedi.
Avevano diciotto anni, Fausto e Iaio, quando caddero vittime del proprio coraggio, della propria voglia di vivere e della propria mancata accettazione dell’orrore che li circondava, alle soglie dell’individualismo, della società dei consumi e della follia anti-sociale e anti-comunitaria che avrebbe devastato gli anni Ottanta e condizionato i Novanta e i Duemila.
Fausto e Iaio furono, dunque, gli ultimi brandelli degli anni Settanta, lacerati e strappati via per sempre quella sera, aggiungendo abisso ad abisso e facendo calare il sipario su una generazione segnata e su una stagione che è difficile rimpiangere.
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