Servirà la lezione che emerge con evidenza dalle urne per i nostri (modesti) politici? Dalle prime dichiarazioni sembrerebbe di no, se (l’ormai ex) leader del centrodestra imputa il modesto risultato del proprio partito all’impossibilità di candidarsi e (il prossimo ex) leader del centrosinistra evoca il complotto interno al suo partito per disarcionarlo. Eppure le urne parlano chiaro: siamo sostanzialmente di fronte ad una profonda e difficilmente sanabile frattura dell’unità nazionale. Nessuna autocritica e seria riflessione emerge tra chi giustamente esulta per un risultato elettorale che lo premia e chi, invece, dovrebbe fare i conti con un risultato che lo condanna all’irrilevanza.
Un primo dato andrebbe rilevato ed è che la retorica che ci è stata ammansita negli ultimi anni sull’antipolitica, il qualunquismo, l’indifferenza l’anti europeismo non era frutto di sentimenti ”di pancia” ma affondavano le proprie radici in bisogni reali e situazioni sostanziali e bisogni profondamente diversi ai quali la “politica” non è stata in grado di dare (per incapacità o mancata volontà) risposte nemmeno di prospettiva. Come spiegare altrimenti il risultato dei 5stelle che raggiungono la media nazionale del 32% sommando il 45/50% dei voti al sud e poco più del 20% al nord?
Un risultato che ha fatto evocare ad alcuni il “vecchi fasti” della Democrazia Cristiana, ma quel partito, interclassista per definizione, raccoglieva un risultato omogeneo sul territorio, mentre quello attuale dei 5 Stelle è effetto di radicalizzazione La verità è che emergono due realtà territoriali sempre più lontane ed inconciliabili: il nord del Paese che ancora crede nella politica, conferma ancora il bipolarismo e, sia pure con profonde insoddisfazioni, chiede ancora politiche di sviluppo e di benessere ed un sud, disperato e dal tessuto sociale devastato, che non chiede neanche più sviluppo ed occupazione ma punta con determinazione all’assistenzialismo dell’improbabile reddito di cittadinanza.
In tale contesto riuscirà il primo partito uscito dalle urne ad imporre all’intero Paese una politica “francescana” per riequilibrare la condizione dei cittadini sul territorio? Ce n’è fortemente da dubitare se non aprendo un aperto conflitto tra i due territori destinati ad allontanarsi ancora di più.
Per il momento il risultato elettorale provoca una situazione di ingovernabilità: i 5 Stelle raccolgono un risultato storico comunque insufficiente a governare il Paese, il centro-destra coglie una superiorità che risulta inutile e, soprattutto, affida il primato ad una forza politica, la Lega, che rende fortemente problematico qualsiasi accordo con le altre forze politiche, il centro sinistra paga per anni di governo scriteriato e senza obiettivi, la sinistra-sinistra, che non è stata in grado di formulare proposte innovative ma si è affidata a slogan di 40 anni fa ormai sepolti dalla storia, è irrilevante.
Da un quadro tanto devastato, che non fa intravedere soluzioni di governabilità, l’unica soluzione sembrerebbe essere quella di un nuovo ricorso alle urne, ma se questo non fosse preceduto da una fase concreta e seria di riforme istituzionali e dalla proposizione di una seria politica economica, da troppo tempo assente, molto probabilmente farebbe emergere un nuovo bipartitismo Lega/5 Stelle, ipotesi divisiva e probabilmente contraria all’interesse del Paese.
Certamente un’ipotesi poco confortante per coloro , sempre meno, che ancora credono nel primato della Politica.