La Fnsi, anche attraverso l’Ifj, continua a seguire con attenzione la vicenda di Mauro Donato, il fotoreporter torinese arrestato alcuni giorni fa in Serbia mentre svolgeva il proprio lavoro. La famiglia di Mauro ha inviato un messaggio a quanti si sono attivati per il fotoreporter in cui ringrazia le autorità e i giornalisti italiani per la vicinanza e per l’impegno nella delicata vicenda.
Questo il testo della lettera: «Siamo tuttora molto preoccupati per la situazione che sta vivendo Mauro, ma abbiamo deciso di scrivere a tutte le persone che si sono interessate in questi giorni al suo caso attraverso il suo sito web. Moltissimi privati cittadini, giornali e Istituzioni infatti hanno testimoniato a gran voce la loro solidarietà nei confronti di Mauro, e si sono uniti a noi nel chiedere che venga fatta luce il prima possibile sulla vicenda che l’ha portato a essere tuttora detenuto – a nostro avviso ingiustamente – in carcere in Serbia. E per questo ringraziamo di cuore tutti quanti. Purtroppo, nonostante il lavoro della Farnesina e dei legali, la situazione non si è ancora sbloccata. Vista la delicatezza del momento, chiediamo a tutti di mantenere sì alta l’attenzione, ma di usare la massima cautela nei modi e nei toni, al fine di non interferire con il lavoro dei nostri legali. Chiediamo questo al solo scopo di rendere la liberazione di Mauro il più veloce possibile. Grazie ancora a tutti quanti: continuate a sperare con noi».
Intanto anche l’Assemblea dei Cdr e dei Fiduciari della Rai, riunita a Roma giovedì 22 marzo, e l’Usigrai si uniscono alla richiesta della Fnsi e della Associazione Stampa Subalpina affinché le autorità italiane intensifichino le pressioni sul governo serbo per ottenere la liberazione del fotoreporter «in stato di fermo da ormai oltre una settimana – ricordano i rappresentanti dei giornalisti Rai – per una accusa già ampiamente smentita dai testimoni. Mauro Donato è un professionista serio e rigoroso, che era in Serbia da tempo solo per documentare la tragedia umanitaria di centinaia di migranti lungo la cosiddetta rotta balcanica».