Oltre tre milioni di euro: è il conto che lo Stato italiano dovrà pagare per quello che secondo i legali della famiglia di Ilaria Alpi è stato un vasto depistaggio delle indagini sulla morte di Ilaria e Miran Hrovatin, i nostri colleghi uccisi il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio mentre lavoravano ad un’inchiesta su vasti traffici di rifiuti e di armi che toccavano anche la Somalia. Un depistaggio, quello sul caso Alpi, di cui parla anche la sentenza della Corte d’Appello di Perugia che nell’ottobre del 2016 ha assolto Hashi Omar Hassan, il somalo accusato per l’agguato a Ilaria e Miran che ha trascorso 6363 giorni in carcere da innocente. I 3 milioni di euro sono il risarcimento assegnato ora dalla Corte d’Appello di Perugia per i quasi diciassette anni passati ingiustamente da Hashi dietro le sbarre.
Assolto in primo grado, poi condannato in secondo grado e anche in Cassazione, infine assolto definitivamente a Perugia per non aver commesso il fatto, Hashi Omar Hassan era stato accusato da un suo connazionale, Ahmed Ali Rage, detto Gelle, di aver fatto parte del commando che aveva ucciso i due giornalisti italiani. Poi però Gelle aveva ritrattato le sue dichiarazioni prima parlando al telefono con un giornalista, quindi ripetendo di aver mentito, anche anni dopo, davanti alle telecamere di “Chi l’ha visto?”.
Gelle ha detto di aver accusato Hassan perché “gli italiani avevano fretta di chiudere il caso”. Così il processo fu sottoposto a revisione e Hassan scagionato. Da allora Luciana Alpi, la madre di Ilaria, e i giornalisti del Tg3 e di tutta la Rai, con Fnsi, Usigrai Libera Informazione, Legambiente, Articolo 21 chiedono che si faccia luce su quei depistaggi che hanno fatto perdere anni alla giustizia e intralciato la ricerca della verità.
Di questa richiesta, che si oppone all’atto con cui la Procura di Roma ha proposto l’archiviazione dell’inchiesta sul delitto , si discuterà davanti al gip il 17 aprile.