Il pilota Ugo Gargiulo viene dall’Accademia Aeronautica di Pozzuoli, all’aeroporto di Fiumicino aveva avuto vari incarichi presso alcune compagnie aeree. Quella mattina del 27 dicembre 1985 si è trovato a Fiumicino sul luogo della strage. Ha sentito fischiare le pallottole, è stato travolto dall’esplosione delle bombe a mano, ha visto cadere intorno a se decine di feriti. Si considera un sopravvissuto, perché ancora oggi a 33 anni da quel giorno, quelle immagini le ha ancora precise nella mente, non riesce a dimenticare. Quattro uomini armati di mitra e di granate avevano seminano all’improvviso la morte: erano seguaci di Abu Nidal, il terrorista a capo del gruppo palestinese che i servizi segreti di tutto il mondo tenevano d’occhio. La sorpresa è stata totale, il risultato tredici morti e 76 feriti. Dei quattro terroristi tre sono stati uccisi dagli uomini della sicurezza, in particolare da quelli in servizio dinanzi al check-in della El-Al, la compagnia di bandiera israeliana, principale obiettivo dell’attacco. Il quarto rimasto fu catturato portato in ospedale, poi processato e condannato.
Il terrorismo islamico è tuttora una realtà terribile che incombe su tanti Paesi occidentali: Parigi, Londra, Madrid, Berlino. Le cronache riportano stragi fatte da gruppi organizzati o azioni solitarie opera di cosiddetti cani sciolti. L’attentato di Fiumicino del 1985 è stato fra i più efferati, eppure, contrariamente a quanto si poteva supporre, da noi non ha avuto repliche, l’Italia non ha subito attentati analoghi a quelli che hanno insanguinato le strade di altri capitali europee. Qualcuno dirà perché abbiamo servizi segreti migliori in grado di scoprire i terroristi prima che possano agire. Altri insinuano che essendo l’Italia l’unico Paese europeo ad avere in casa tre grandi organizzazioni criminali, mafia, camorra, ‘drangheta sono i loro stessi affiliati a collaborare con i nostri servizi di intelligence per far catturare i potenziali terroristi come sgraditi e pericolosi concorrenti del crimine. Ma c’è una terza ipotesi, ed è quella che Ugo Gargiulo (che sulla sua terribile esperienza ha pubblicato un libro, Il giorno dell’odio) ha espresso nel corso dell’incontro che ha avuto con i soci del Rotary Club Roma Olgiata protagonista di una serata sul terrorismo di grande interesse. Per illustrarla il sopravvissuto di Fiumicino si è rifatto ai grandi eventi drammatici che hanno caratterizzato gli anni di piombo: l’”Achille Lauro”, la trappola di Sigonella, via Fani. A quarant’anni dall’uccisione di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta, si è tornati a parlare della strana pax italiana che il terrorismo arabo ha in qualche modo rispettata. Ed è proprio a Moro che si deve pensare: alla sua politica mediorientale particolarmente morbida rispetto a quella degli Stati Uniti, tanto per fare un esempio. Si parlò addirittura di un “lodo Moro”, una sorta di segretissimo accordo fra il governo e i gruppi estremisti palestinesi: l’Italia, non vi perseguita e vi consente di muovervi entro i suoi confini anche con le vostre armi, che però vi impegnate a non usare contro di noi, a non fare attentati, a non seminare morte e distruzione com’è negli obiettivi della vostra azione violenta. Ci fu un periodo in cui il presidente del consiglio era Bettino Craxi e ministro degli esteri Giulio Andreotti: furono loro i protagonisti della crisi di Sigonella che vide gli americani costretti a rinunciare a catturare in Italia i dirottatori dell’ “Achille Lauro” dalla quale era stato gettato in mare un cittadino americano paralizzato sulla sedia a rotelle.
Si dirà: fantapolitica? Forse, ma resta il fatto che Craxi, Moro, Andreotti non ci sono più, negli anni la classe politica è totalmente cambiata, ma i sanguinosi attentati portati dall’islam contro l’occidente hanno finora risparmiato il nostro Paese. Sono da fare i debiti scongiuri. Che il “lodo Moro” sia ancora in vigore, all’insaputa di tutti, tranne che degli interessati?