L’astrofisico Roberto Fusco Femiano, già dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e in seguito dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ora associato presso l’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziale (IAPS) ha tenuto un incontro con i soci del Rotary Club Roma Olgiata sul tema “Evoluzione dell’universo, un viaggio lungo tredici miliardi di anni”. Per hobby accanito tennista, il prof. Fusco Femiano si occupa per lavoro degli ammassi di galassie, e la sua passione sono le meridiane, quelle che sui muri dei palazzi antichi e sul pavimento delle chiese (come a San Lorenzo di Formello) danno l’ora giusta con l’ombra dello gnomone colpito dalla luce del sole. Anche le meridiane, a quanto pare, sono destinate a scomparire, ma c’è tempo. Almeno così assicura l’astrofisico che ha avuto occasione di guardare l’universo con i particolari occhi dei satelliti operanti nel campo dell’Astronomia X e Gamma, avendo fatto parte di commissioni internazionali che assegnano i tempi di osservazione dei satelliti Chandra (NASA) e XMM-Newton (ESA).
L’universo secondo Femiano ha tredici miliardi di anni o poco più (la stessa cifra è sulla copertina del recente libro di Piero Angela sul cosmo). Un viaggio che Fusco Femiano ha percorso in poco più di un’ora partendo dalla teoria del “Big bang” che risale al 1948 e secondo la quale l’universo primordiale era una “palla di fuoco” sul miliardo di gradi che in tre minuti ha dato origine alla creazione. Questo, naturalmente, secondo gli scienziati che non accettano la tesi del creazionismo sostenuto da chi, invece, vede ovunque la mano di Dio.
In sintesi alcune notizie sul pianeta terra date dall’astrofisico sono buone, altre meno. La buona notizia è che con i dinosauri ci è andata proprio bene: se non fosse per quell’enorme meteorite che nella penisola dello Yucatan, in Messico, ha dato agli enormi bestioni il colpo di grazia, oggi noi non saremmo qui perché invece di quella umana si sarebbe sviluppata una civiltà di rettili. E la differenza non è da poco.
Oltre al Sole che, non richiesto, sta contribuendo alla nostra abbronzatura, c’è che siamo soli nell’universo, inutile illudersi, perché la vita si è sviluppata su un pianeta che sta alla distanza giusta dal sole, né troppo vicino per non finire arrosto, né troppo lontano, perché si possa formare l’acqua indispensabile alla vita. Al momento in queste condizioni c’è solo la Terra. Però il Sole si sta scaldando sempre di più, prima di spegnersi definitivamente fra qualche migliaia di anni. Intanto, a causa del suo surriscaldamento, la temperatura sulla terra è destinata a salire fino a rendere, un giorno, impossibile la vita. Di conseguenza, se non finiamo prima arrostiti, sicuramente moriremo congelati. Un argomento che non ci tocca da vicino, riguarderà i nostri bis-bis-nipoti. Però, è bene saperlo.
La bella età dell’universo (tredici miliardi e 800 milioni di anni, per l’esattezza) la stabilì Edwin Hubble, l’americano al quale è intitolato il grande telescopio orbitante, oggi in procinto di andare in pensione. Ma Hubble sbagliò i calcoli (d’altronde si era nel 1929 e in piena crisi economica i conti non tornavano ai banchieri, nemmeno agli scienziati!). Comunque, di recente si è visto che l’universo è in accelerazione, sta girando più in fretta di prima, mentre il nostro sistema solare, nato da un gruppo di materia che si è staccato dal resto, si è addirittura fermato. Cosa significa? L’astrofisico non si sbilancia e, anodino, commenta “Siamo figli delle stelle”, citando una cosa che abbiamo in comune: il calcio, una sostanza di base per l’Universo e per le nostre fragili ossa. E precisa “L’universo è come una ragnatela cosmica, ai cui incroci si trovano le galassie, pare siano duemila miliardi, e tutte viaggiano alla velocità di milioni di chilometri il secondo e noi con loro, per questo abbiamo anche un indirizzo cosmico, dove ricevere una cartolina: oltre a nazione, città via o piazza va precisato Terra, Sistema Solare, Via Lattea (la nostra galassia, appunto) Se qualcuno ci vuole scrivere sa dove trovarci. Ma chi ci scriverà? Finora nessuno l’ha fatto. Appunto, siamo soli nel creato.
Come la Pompei sepolta dalla lava del Vesuvio stava lì dal 79 d.C. ma solo alla metà del Settecento è stata scoperta, così l’universo oggi possiamo scrutarlo con mezzi che una volta neanche se li sognavano. Anche se è vero che ogni epoca è stata contrassegnata da grandi scoperte sul cosmo, pensiamo a Galileo e al suo cannocchiale, poi sono arrivati i telescopi, fondamentale è stata l’invenzione della fotografia, oggi ci sono le onde gravitazionali che aiutano nello studio delle galassie e nel 2034 manderemo in orbita una sonda alla scoperta delle particelle di materia oscura.
Che cosa ci aspetta ancora? L’astrofisico è catastrofico: “Il cosmo non ha futuro. Fra dieci milioni di anni la temperatura scenderà, insieme con il buio totale e il silenzio cosmico. Sarà la morte termica che porterà all’estinzione dei pianeti”.
Ultime notizie dall’ universo. Fine della trasmissione.