Una vera e propria tortura, uno stillicidio che si perpetua da quattro anni e mezzo: un nuovo rinvio, il 53esimo, ha caratterizzato l’udienza del processo a carico di Mahmoud Abu Zeid, detto Shawkan,
Il fotoreporter, che rischia la pena di morte, è uno dei 739 imputati del maxi-processo iniziato il 12 dicembre 2015 al Cairo.
La prossima udienza è prevista per il 24 marzo.
Shawkan è stato arrestato il 14 agosto 2013 mentre si trovava, per conto dell’agenzia fotografica Demotix di Londra, in piazza Rabaa al-Adawiya, al Cairo, a documentare il violentissimo sgombero di un sit-in della Fratellanza musulmana. Fu un massacro con centinaia e centinaia di morti in un solo giorno.
Il fotoreporter è imputato di un lungo elenco di pretestuose accuse: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”.
Il suo “reato” è solo quello di aver fatto il suo lavoro. Si chiama giornalismo.