Tutto e subito. La politica italiana recupera così, con mezzo secolo di ritardo, il più infantile degli slogan del ’68. Cinquant’anni fa l’Italia era giovane, aveva fretta di crescere, aveva un debito pubblico di meno della metà rispetto a quello attuale. Chiedere “tutto e subito” era un modo ingenuo e sbrigativo per sottolineare l’urgenza di un cambiamento che sembrava a portata di mano. Adesso, “tutto e subito” è la cifra interpretativa di una campagna elettorale desolante, iniziata con una fiera di promesse che ricorda un altro slogan pubblicitario dell’epoca: “sii realista, chiedi l’impossibile”. E così, senza saperlo, stiamo vivendo una parodia del “mitico” ’68, ma senza allegria e senza speranza. In poche settimane di campagna elettorale abbiamo iniziato a rivivere i fantasmi sfocati degli “opposti estremismi”, con episodi di squadrismo rosso e nero che si adeguano alla violenza delle parole dei vari leader politici, intenti ad alzare i toni per farsi ascoltare da un elettorato sempre più stanco e deluso. Per fortuna questa volta non ci sarà il passo successivo, la “strategia della tensione”, per vedere appassire in pochi giorni le speranze, l’emergere della violenza e l’aria pesante degli “anni di piombo”. Per fortuna –anche se ancora per poco- il ministro dell’Interno è un uomo che ha memoria storica ed è affezionato alla Costituzione, vuole evitare “la trappola mortale” dell’escalation, garantire l’agibilità delle forze politiche e non lasciare impunito qualsiasi atto violento. Ma il suo lavoro di equilibrio, tra garanzie e repressione, sarà difficile in questo clima di rissa perpetua, di urla senza progetti, di paura diffusa, di emergente razzismo, di rigurgiti fascisti e di un presunto antifascismo che preferisce lo squadrismo al dibattito e alle idee.
Bisognerebbe abbassare i toni, ma non conviene. Meglio promettere tutto a tutti, soffiare sul fuoco del disagio e della paura alimentata dalla cronaca e dai mass media, che la politica rilancia e moltiplica. Meglio volere tutto e subito e promettere l’impossibile, con una finta libertà, senza eguaglianza e senza speranza per i giovani. Ma, anche se viene ripetuta dentro smaglianti sorrisi televisivi, è una truffa colossale, venata di stupidità e ferocia. E’ stupido e feroce promettere tasse comodamente “piatte” (“flat tax”) mentre la Costituzione le impone “progressive”, senza preoccuparsi delle coperture, aumentando il mostruoso debito pubblico che già sbrana il futuro dei giovani, ma anche dei bambini e dei neonati. Tutti, o quasi, promettono l’impossibile e in molti ci credono volentieri, anzi, lo pretendono come una sorta di voto di scambio tra sogni e bugie. Mezzo secolo fa, per quanto caotica e confusa, c’era la speranza di una società aperta, adesso c’è solo paura. Mezzo secolo fa si andava in piazza per conquistare un’ipotesi di agorà e all’università per diventare “classe dirigente”. Il lavoro, bene o male, si trovava e presto diventava “fisso”. Adesso la baruffa permanente conviene ed è una strategia comunicativa. Se nel centro sinistra le polemiche innescano fughe e annunciano sconfitte, nel centro destra sono un motore di sviluppo di consensi. La gara interna per la premiership nel centro destra spinge i contendenti a bisticciare su tutto e poi sommare i voti, anche se non sarà facile governare con promesse inconciliabili. E così i sondaggi annunciano il ritorno trionfante di un vecchio zuzzurellone, che verrà a salvarci non si sa bene da che cosa, dopo aver lasciato l’Italia sull’orlo del baratro nel 2011. Ma ha buone probabilità anche un giovanotto senza arte ne parte, che non riesce a controllare nemmeno i conti di casa sua. Mentre quel signore che sta provando a governare sottovoce, forse è troppo educato per essere anche credibile in questo paese arrabbiato con se stesso. E allora avanti con tutto e subito, chiediamo l’impossibile e poi arriverà la fantasia al potere e saremo tutti sazi e contenti. Almeno chi ci crede.
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