Nonostante la sentenza fosse attesa, le dimensioni della punizione e il cinismo del processo ai giornalisti e intellettuali condannati venerdì scorso all’ergatolo in Turchia hanno comunque scioccato tutti noi. E le possibilità che in appello possa cambiare qualcosa sono una flebile speranza.
L’avvocato dei fratelli Ahmet e Mehmet Altan, Figen Calıkuşu, non ha dubbi, si è voluto punire la stampa libera del Paese.
La intervistiamo grazie ai colleghi di P24, la piattaforma turca per il giornalismo indipendente che hanno seguito il processo come osservatori e con noi condividono l’impegno nella campagna contro il bavaglio turco, Free Turkey Media.
“Questa condanna all’ergastolo è stata fortemente voluta per dare un segnale e intimidire quanti ancora provino a interpretare il giornalismo come è giusto che sia: con libertà di pensiero e di informazione” racconta al telefono con una voce flebile ma ferma ringraziando i giornalisti italiani che hanno seguito e stanno seguendo il processo ai fratelli Altan e ai vertici editoriali e ai redattori di Cumhuryiet, storico quotidiano di opposizione.
Cosa prevede la pena comminata venerdì scorso ai sei colleghi condannati all’ergastolo aggravato?
“Sono condizioni molto pesanti, estreme. Ma saranno applicate solo dopo l’appello, se il verdetto sarà confermato all’ultimo grado di giudizio. Per ora rimarranno nella stessa cella, con gli stessi diritti degli altri detenuti. Tutto, poi, cambierà”.
In che modo?
“In quello peggiore previsto dalla legge turca. Dall’isolamento, a un’ora sola di aria al giorno, alle restrizioni più severe per le chiamate e le visite dei familiari. Inoltre non potranno svolgere alcuna attività se la direzione del carcere lo ritenesse opportuno. Non potranno lavorare in nessun altro posto oltre la prigione e non potranno ottenere il permesso di uscita in nessun caso. Non gli sarà concesso di svolgere attività sportive o diverse da quelle previste dai regolamenti penitenziari. L’uscita in cortile dipenderà dal buon comportamento, che sarà giudicato sempre a discrezione del direttore. Potranno incontrare, e sentirli telefonicamente, i coniugi, i genitori e i figli solo due volte al mese”.
E sotto l’aspetto sanitario? Non possono sperare in un allentamento della pena per buon comportamento o se avessero problemi di salute?
“Se avessero necessità di assistenza per problemi di salute non potranno essere curati in strutture private né rerstare nell’ospedale della prigione, ma saranno trasferiti nei reparti di detenzione degli ospedali statali. Non è previsto nell’ergastolo aggravato una possibilità di modificare la condanna, in nessuna circostanza”.
Come si è arrivati a una sentenza così dura?
“Gli imputati non sono stati ritenuti solo colpevoli di sostegno a Feto, la presunta rete golpista che fa capo all’imam Fethullah Gulen ma di essere stati parte attiva nell’organizzazione del fallito colpo di stato anche se le solo ‘prove’ a loro carico sono semplicemente degli articoli e per Ahmet un’apparizione in tv”.
Anche altri giornalisti sono ritenuti ‘complici’ di Gulen. Rischiano le stesse pene?
“Sì, sono già iniziati e presto arriveranno a sentenza altri processi contro giornalisti e intellettuali accusati di legami con Gulen. Emblematico il caso dei vertici editoriali e dei redattori di Cumhuriyet, storico quotidiano di opposizione che riprenderà il 9 marzo: 18 persone alla sbarra per i titoli e il contenuto degli articoli pubblicati e non per le presunte azioni pro-terrorismo che a loro vengono imputate”.
Un attacco alla stampa senza precedenti…
“Assolutamente. Che sia sotto processo tutto il giornalismo libero nel Paese è ormai un dato di fatto”.