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Strage Cermis, vent’anni dopo la rabbia per la giustizia negata

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«Se uccidi un uomo è un omicidio. Se ne uccidi venti è un errore», si legge scritto in rosso sulla Stele, accanto alla croce d’acciaio posta proprio lì dove, vent’anni fa, il 3 febbraio del 1998 ci fu la strage del Cermis. Un jet Prowler dei marines americani in volo d’addestramento, partito dalla base Nato di Aviano, tranciò i cavi della funivia. La cabina con a bordo venti persone si schiantò a terra in 7 secondi. Non ci fu nessun sopravvissuto. All’epoca si parlò di una bravata dei piloti statunitensi: stavano giravando un video ricordo delle Alpi, mentre il loro aereo volava troppo basso e troppo veloce. Per la commissione parlamentare d’inchiesta i militari vollero violare regole per un temerario gioco di guerra, ma davanti alla Corte marziale degli Stati Uniti furono tutti assolti. Soltanto uno dei quattro marines venne condannato a sei mesi per aver distrutto quel video che – certo – avrebbe aiutato la ricerca della verità.

Vent’anni dopo, su quella stele, tutta la rabbia per la giustizia negata.


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