[Traduzione a cura di Benedetta Monti, dall’articolo originale di Scott Lucas pubblicato su The Conversation]
Mentre in Siria il conflitto sta per entrare nell’ottavo anno, molti commentatori, tra cui alcuni leader di governo, stanno tentando di trasmettere il messaggio che la guerra stia volgendo al termine. Alcuni sottolineano la sconfitta territoriale del cosiddetto Stato Islamico, altri invece hanno affermato che il regime di Bashar-al-Assad è sempre più vicino alla vittoria. Tuttavia entrambe questi punti di vista sono sbagliati.
L’attenzione mondiale si è allontanata dalle centinaia di migliaia di vittime e dai milioni di persone che subiscono bombardamenti, vengono sfollati oppure muoiono di fame sotto l’assedio. Mentre di fatto non esiste più un unico Stato siriano, ma una nazione frammentata e bloccata in una situazione di violenza in apparenza insolvibile.
Con la ritirata dello Stato Islamico, il controllo sulla Siria è diviso in tre fazioni: il governo di Damasco e i suoi sostenitori, l’opposizione/i ribelli e le forze armate curde. In questo articolo intendiamo esaminare la situazione e quello che potrebbe accadere nel 2018.
Il governo
Nell’estate del 2015 il regime di Assad sembrava destinato alla sconfitta ma, grazie all’intervento della Russia, dell’Iran, degli Hezbollah e di altre milizie straniere, adesso esercita il potere nominale in merito al controllo sulla maggior parte delle città siriane e della popolazione rimasta.
Le forze aeree russe hanno bloccato la presa di potere dei ribelli a Damasco, messo in sicurezza la rotta verso ovest che va dalla capitale al Mediterraneo e hanno aiutato a riconquistare la città più grande della Siria, Aleppo. Le forze a favore del governo di Assad adesso hanno riconquistato alcuni territori nella parte meridionale e nella parte centrale della nazione, la maggior parte dei sobborghi di Damasco e la roccaforte dell’opposizione nella città di Homs. Le truppe e le milizie russe, iraniane e degli hezbollah, supportate dal regime, hanno ripulito l’antica città di Palmira dalle forze dello Stato Islamico, le hanno allontanate da Aleppo e spinte verso il confine iracheno.
Tuttavia, il governo di Assad non ha il controllo di alcune aree della nazione. Ci sono ancora roccaforti dei ribelli nell’area che va dal confine con la Giordania al Ghouta orientale fino a quasi tutta la provincia di Idlib, nel nordest della nazione, mentre il territorio occupato dai Curdi nell’area settentrionale e orientale include la maggior parte dei giacimenti di petrolio e di gas siriani.
Nelle aree che sono sotto il controllo del governo di Assad, la presa del regime non è del tutto sicura, poiché le forze armate impoverite dipendono soprattutto dall’Iran e dalla Russia. Con la maggior parte della nazione danneggiata e ben il 75% del PIL perso, il governo di Assad necessita di miliardi per l’assistenza per la ricostruzione e, ancor più che essere isolato nel modo arabo e protetto dalla Russia durante il Consiglio delle Nazioni Unite, il regime non ha ancora ripristinato le relazioni diplomatiche con la maggior parte delle altre nazioni mondiali.
L’opposizione
La prospettiva che l’opposizione possa sostituire il regime di Assad, o che addirittura possa essere rappresentata in un governo nazionale, è ormai lontana. La Russia e l’Iran hanno represso tale ambizione, aiutate dagli Stati Uniti che hanno relegato ai margini la questione dai sostenitori dell’opposizione, compresa la Turchia che ha preferito cooperare con Mosca.
L’obiettivo dell’opposizione consiste nel mantenere le aree che sono ancora sotto il suo governo, comprese la provincia di Idlib e l’area settentrionale di Aleppo. I gruppi di ribelli nel Ghouta orientale resistono ancora ai bombardamenti e all’assedio del regime. In altre aree, il gruppo di ribelli del Fronte Meridionale è stato abbandonato dal centro operativo guidato dalle Nazioni Unite ma continua ad essere in possesso di alcune zone della provincia di Dara’a, compresa una parte della città stessa dove, nel marzo del 2011, è iniziata la rivolta.
Oltre alla minaccia di offensive e assedi da parte di Assad, l’opposizione sta affrontando anche l’ascesa del blocco islamico Hayat Tahrir al-Sham (HTS). Tale blocco è stato creato nel gennaio del 2017 e comprende la fazione di Jabhat al-Nusra, coinvolta nel conflitto siriano dal 2012 e un tempo collegata con al-Qaida. Per tutto il 2017, il blocco HTS ha colto l’iniziativa militare da altre fazioni, in particolare Ahrar al-Sham, nella provincia di Idlib, e adesso sta cercando di gestire gli affari civili attraverso un governo di salvezza siriano, mettendo alla prova i consigli locali sotto il controllo del… Continua su vociglobali