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Silenzio elettorale sul dramma delle agenzie di stampa

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Il disastro italiano delle agenzie di stampa corre via senza impeti e sussulti in una campagna elettorale in cui di comunicazione ben poco si parla. E neppure il ministro con delega Lotti sembra sconvolgersi granché per la crisi generale delle fonti primarie di informazione, dentro la quale uno dei soggetti –Askanews– rischia davvero l’eutanasia. Ma pure l’Adn Kronos non sta bene, e non solo. Pure la più grande, l’Ansa, è in affanno.

E’ possibile che il governo, pur presieduto da una persona sensibile a tali temi, assista inerte a simile tragedia? Stiamo parlando di 130 giornalisti e poligrafici di Askanews per i quali la proprietà di Luigi Abete ha proposto al ministero del lavoro la cassa integrazione al 70%, preludio di una chiusura ampiamente annunciata. Lavoratrici e lavoratori dell’agenzia hanno chiesto un incontro urgente alle forze politiche in queste ore. Hanno ragione, perché i programmi elettorali non dicono, sorvolano su quella che si presenta come l’anticipazione di una voragine. Il comparto dell’editoria è in una fase di transizione dalla stagione analogica all’era digitale. Se non si gestisce democraticamente il passaggio, la caduta può assumere tinte inquietanti. Il caso delle agenzie, però, non è il frutto del destino delle tecniche o, comunque, non prevalentemente. I fondi pubblici (servizi, convenzioni, in particolare della presidenza del consiglio e del ministero degli esteri) sono diminuiti in dieci anni di ben dieci milioni di euro (da 48 a 38). Non solo. Con una arzigogolata scelta l’esecutivo ha deciso di mettere a gara in dieci lotti l’attività delle agenzie, 38 milioni –appunto- per tre anni. Il ricorso al “bando europeo” sa tanto di Ponzio Pilato, visto che le agenzie sono un bene primario nazionale, difficilmente attribuibile con fredde misure concorsuali appetibili da altri gruppi, francesi o tedeschi o spagnoli. In verità, il concorsone ha attribuito i “lotti” alle agenzie esistenti, salvo che all’Askanews, penalizzata dal tortuoso meccanismo che si è determinato nelle assegnazioni.

Non è dignitoso buttare sulle spalle di chi opera nel settore con enormi difficoltà e di sovente con contratti precari le situazioni di crisi.

Giustamente il comunicato citato evoca l’urgenza di una riforma. Ecco un impegno concreto per la prossima legislatura: una normativa organica, che ridia un assetto moderno e compiuto anche al mondo delle agenzie, permettendo loro di ristrutturarsi adeguatamente senza morti e feriti. La federazione della stampa e l’associazione della stampa romana stanno elaborando un articolato normativo fondato sull’introduzione dell’”agenzia di servizio”, svincolata almeno parzialmente dalle logiche di mercato e in grado di offrire ai committenti pubblici qualcosa di compiuto e non di occasionale.

L’intero universo dei media ha bisogno di essere ripensato, abrogando vecchie leggi berlusconiane o le recenti  imitazioni renziane, e colmando molte lacune. Il ritorno ventilato di “larghe intese” o di “patti del nazareno” è un pericolo soprattutto per l’informazione, che già oggi è poco libera e potrebbe diventare una vera e propria costola del sistema politico. Non per caso il progetto sindacale riprende un eccellente proposito di qualche anno fa, attualissimo. Si tratta di rendere effettiva e permanente l’indipendenza delle redazioni, attraverso l’introduzione  di uno specifico “statuto dell’impresa editoriale”, essenziale per contrastare tentazioni predatorie e velleità di censura, nonché intrighi e pasticci societari. Nelle prossime ore si batta un colpo.


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