Il 15 febbraio Khudoberdi Nurmatov, meglio conosciuto come Ali Feruz, attivista di Amnesty International, omosessuale e giornalista del quotidiano indipendente russo “Novaya Gazeta”, è stato rilasciato e potrà lasciare la Russia.
Era dallo scorso agosto che le autorità di Mosca cercavano di rimandarlo in Uzbekistan, dopo averlo arrestato e avergli negato l’asilo politico. Nel paese centroasiatico, dove il dissenso non è autorizzato e la “sodomia” è un reato penale, sarebbe certamente stato arrestato.
Nato in Russia e poi trasferitosi in Uzbekistan, paese del quale aveva preso la cittadinanza a 17 anni, nel 2009 Ali Feruz era stato avvicinato dai servizi segreti locali, che gli avevano chiesto di diventare un loro informatore. Al rifiuto, era stato arrestato e torturato. Per questo motivo aveva lasciato il paese e, dopo due anni di peregrinazioni, era arrivato in Russia. Il percorso opposto, il 24 gennaio, era stato provvisoriamente interrotto dalla Corte Suprema che aveva ordinato la revisione del caso. Fino al felice esito, auspicato e chiesto per mesi dalle organizzazioni per i diritti umani e per la libertà di stampa.