Le misure di sicurezza adottate nel tribunale di Macerata in occasione dell’interrogatorio di convalida davanti al Gip dei due nigeriani accusati dell’omicidio di Pamela Mastropietro sono comprensibili e condivisibili. Non si comprende né si può condividere, però, la decisione di impedire ai giornalisti l’ingresso nel palazzo di giustizia. Una decisione che è apparsa discriminatoria dato che agli avvocati, dietro presentazione della tessera professionale, è stato permesso accedere per motivi di lavoro.
I giornalisti davanti al tribunale di Macerata non erano semplici curiosi, ma professionisti responsabili, che chiedevano solo di svolgere la loro professione: quella di informare. Per tale motivo pretendevano e pretendono di essere trattati alla stregua di altri professionisti, come gli avvocati, ai quali giustamente è stato permesso di entrare, anche se non direttamente interessati all’udienza.
Ai giornalisti, a parole, viene attribuita – in democrazia – la grande responsabilità del dovere dell’informazione in funzione del diritto del cittadino di essere informato correttamente. Nei fatti, però, si impedisce tale diritto-dovere trattando – in questo caso – i professionisti dell’informazione come scomodi intrusi. Una contraddizione inaccettabile.