Il trentacinquesimo della prima marcia popolare contro la mafia (26 febbraio 1983) Bagheria-Casteldaccia cade in un clima elettorale dal quale sembra che la mafia e la corruzione, con le relative connessioni con la politica, siano cancellate. Non risulta nei programmi dei partiti, tranne in qualcheduno; non è presente nei talk-show. Eppure la cronaca quotidiana ci continua a informare di arresti e denunce di uomini politici accusati di collusione con le mafie locali. Lunedì prossimo, 26 febbraio 2018, ripartirà dunque la Marcia Antimafia Bagheria-Casteldaccia promossa dal Centro Studi Pio La Torre e dalla rete delle scuole del comprensorio Bab el Gherib, come lo furono quella di cinque anni fa e l’iniziativa di due anni fa per l’intitolazione alla “Marcia Antimafia 26/02/1983” della via dei Valloni, la s.p. 88, via di fuga dei killer autori delle stragi nel “Triangolo della morte” trentacinque anni fa.
Misureremo ancora una volta l’indebolimento ulteriore della mafia, ma anche la sua persistenza: qualche mese fa, otto commercianti di Bagheria hanno denunciato i loro estortori; sono stati prevenuti dagli investigatori i tentativi di ricostruire coordinamenti di zona o provinciali delle residue cosche mafiose; sono stati messi a nudo anche i tentativi di nuove attività criminali quali lo smercio della droga e il collegamento con i gruppi criminali nigeriani che controllano la tratta delle donne.
Tutto ciò, trentacinque anni fa, era impensabile. In questo quadro è bene sottolineare i passi avanti dell’antimafia sociale concreta che ha messo in crisi quella autoreferenziale, di cartone, utile solo a sbandierare fumo e a rivendicare qualche misero vantaggio politico o mediatico.
Negli ultimi anni si è intensificata la collaborazione tra associazioni antimafia serie e il mondo della scuola per supportarne la funzione culturale e quasi esclusiva di agenzia educativa. Si è consolidata la convinzione che le mafie si sono evolute ed espanse grazie alla tolleranza o alla complicità e allo scambio di vantaggi con parti della classe dirigente. Lo Stato, grazie alla prima esplicita legge antimafia, la “Rognoni-La Torre” e alle leggi successive, si è dotato di strumenti e norme capaci di individuare e reprimere qualsiasi forma di sistema e metodo mafioso favoriti dalla corruzione che come è ovvio presuppone un corrotto e un corruttore (presenti nella società, nell’economia, nelle istituzioni e nella politica).
La mafia è un fenomeno non solo da reprimere ma da prevenire con rivoluzioni culturali, economiche e sociali. La mafia del XXI secolo preferisce, come documenta l’ultima relazione della Commissione antimafia, compenetrarsi nella politica e nell’economia direttamente, senza tralasciare i vecchi sistemi della corruzione, dell’intimidazione, del controllo capillare del territorio. Tutto ciò si accompagna alla rivitalizzazione della violenza neofascista, alimentata dalla crisi profonda del nostro sistema economico e della democrazia rappresentativa che producono rabbia, disuguaglianza sociale, non attenuata dalla debole crescita economica. La povertà assoluta e il rischio di povertà per strati sociali sino a ieri al riparo da esso, hanno aumentato l’indifferenza e il distacco della gente dalla partecipazione alla vita politica. L’allontanamento è favorito dagli attuali sistemi elettorali e da formazioni politiche o populiste o incapaci di contrastare la disuguaglianza. Non basta la crescita del Pil a sedare le turbolenze sociali se non è accompagnata dal riequilibrio nella distribuzione della ricchezza e dal rovesciamento di quelle politiche neoliberiste che hanno generato la crescita abnorme della disuguaglianza nel pianeta.
Combattere la mafia ha sempre significato nella storia dell’Italia combattere per il cambiamento sociale. Ciò valse nel Regno d’Italia ancora dominato dal sistema feudale nel Sud e in Sicilia, e vale oggi nel XXI secolo condizionato da un’economia globalizzata e finanziarizzata senza alcun controllo della politica sia a livello nazionale che internazionale. Dove vanno a finire i flussi finanziari giganteschi dell’economia criminale, quali alte compiacenze e cointeressenze si manifestano in questo sistema?
Il Parlamento europeo ha documentato l’esistenza e la presenza in Europa di migliaia di organizzazioni criminali che gestiscono i traffici della droga, delle armi, dei migranti, dei rifiuti tossici, di tanti illeciti che condizionano la spesa pubblica e generano corruzione ma anche ritardi nello sviluppo delle aree dove la loro presenza si manifesta.
Perché sinora non è stato possibile dotare l’Ue di una Procura antimafia e anticorruzione e di una legislazione europea? Chi ha ritardato l’approvazione legislativa delle proposte avanzate? Ricordare la marcia di trentacinque anni fa e rifarla significa fornire ai giovani di oggi, non solo una memoria di un esempio clamoroso, la prima rivolta di popolo contro le mafie fino allora combattuta dai contadini e dagli operai sostenuti dalle sinistre, ma lo strumento di comprensione del loro presente e per costruirsi un loro futuro libero dalle mafie, dalle diseguaglianze, da ogni ingiustizia sociale, da ogni forma di violenza.
Anche questa volta hanno aderito e saranno presenti i parroci della zona, l’arcivescovo di Palermo, tanti comuni della provincia di Palermo, tante associazioni culturali, sindacali, economiche, tanti studenti (i protagonisti principali della marcia), tanti cittadini per rinnovare il loro impegno democratico e antimafioso.
Hanno aderito
Anci Sicilia
I sindaci di Altavilla Milicia, Bagheria, Casteldaccia, Baucina, Caltavuturo, Carini, Castelbuono, Cefalù, Commissario Area Metropolitana, Corleone, Ficarazzi, Gangi, Misilmeri, Montelepre, Palermo, Petralia Sottana, Polizzi, Pollina, Santa Flavia, Trabia, Villabate
Arcidiocesi Palermo
Parrocchie di Altavilla Milicia, Bagheria, Casteldaccia, San Nicola L’Arena
Caritas Bagheria
Associazioni culturali, antimafia, del lavoro e dell’impresa
Associazione Studenti Casteldaccia
Cgil, Cisl, Uil
Consorzio Sviluppo e Legalità
Articolo21