Mai come in questa campagna elettorale il neofascismo è stato così attivo: da CasaPound alla Lega Nord, passando per Forza Nuova, si è passati dai messaggi razzisti, xenofobi e machisti, a vere e proprie aggressioni, culminate con quella di Macerata dove Luca Traini, che era candidato per la Lega Nord, ha sparato per strada contro persone di colore ferendone 6: un uomo che si è costituito facendo il saluto romano con il tricolore sulle spalle, dichiarando di aver agito in relazione al femminicidio della giovane Pamela su cui sono indagati 4 nigeriani. E questo dopo che Salvini, leader della Lega Nord, aveva pubblicamente strumentalizzato la morte atroce di questa ragazza per ribadire il suo messaggio razzista: fuori gli immigrati dall’Italia (forse senza sapere che qui viene ammazzata una donna ogni due giorni ma dentro le mura della propria casa e da partner o ex bianchi e di nazionalità italiana).
Un mese fa Laura Boldrini – presidente della camera e ora candidata con LeU – è stata bruciata con un fantoccio che aveva appiccicato la sua foto addosso nella pubblica piazza di Busto Arsizio, vicino Milano, un atto che la Lega ha rivendicato come legittima perché è tradizione bruciare le cose vecchie in piazza. Un’ondata di odio che dopo una settimana ha prodotto la foto della testa della presidente Boldrini mozzata che andava in giro per i social. Gocce che hanno fatto traboccare il vaso portando la stessa Boldrini a chiedere di sciogliere le formazioni neofasciste, e le associazioni e i partiti di sinistra a scendere in piazza a Roma sabato scorso, con l’appello “Mai più fascismi – Mai più razzismi”. Una manifestazione che ha portato per le strade di Roma decine di migliaia di donne e di uomini.
Ma il pericolo di un fascismo aggressivo, violento, travestito da novità, con metodi che non sono mai cambiati, non è solo cosa italiana. Kenneth Roth, direttore esecutivo di Human Rights Watch, lo ha citato come pericoloso per la democrazia nella sua introduzione al Rapporto sui diritti umani nel mondo del 2018, mettendo in guardia il mondo nei confronti degli autoritarismi che dilagano sul Pianeta: “Programmi populisti autoritari” che cercano “di sostituire la democrazia con la loro interpretazione egoistica” facendola passare come “ciò che la maggioranza desidera”. Senza andare nel dettaglio, Roth avverte che “Dove la reazione di contrasto è forte, i progressi populisti sono stati limitati, ma dove ci si è arresi al loro messaggio di odio ed esclusione, questi stanno prosperando”, e che “Una volta in carica, i populisti hanno il considerevole vantaggio di essere in grado di sfruttare il potere dello Stato”, annullando non solo il valore di tolleranza e inclusività propria dei diritti umani ma quelli che sono alla base della stessa democrazia.
Qui in Italia la propaganda della Lega di Salvini, di Casapound e di Forza Nuova, ben rispecchia questo quadro di aggressività e sciovinismo esasperato che ogni giorno rilancia messaggi provocatori e aggressivi, e che sfrutta, con sfumature diverse ma con la stessa demagogia, l’incertezza sociale ed economica legata alla crisi, la paura del terrorismo e dell’invasione dello straniero demonizzando questo pericolo, e riaffermando il patriarcato del maschio bianco. Un quadro inquietante, quello delle neo destre italiane scatenate prima delle elezioni, se inserito in un panorama più ampio: da quello europeo dove governi populisti autoritari, come in Ungheria e in Polonia, continuano il loro processo di limitazione delle libertà, a quello di Russia e Cina che continuano indisturbati ad agire con pericolosi giri di vite per limitare le libertà delle persone, senza dimenticare le politiche razziste, divisive e misogine del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Una deriva a destra che prosegue senza sosta in tutto il mondo con l’entrata nel cuore dello Stato, come dimostra l’Austria, dove l’estrema destra è al governo con 6 ministeri – tra cui tre ministeri cruciali come Interni, Difesa e Esteri – occupati dai ranghi dell’FPÖ il cui leader, Heinz-Christian Strache, è vice-cancelliere.
La rivista Panorama ha pubblicato poco tempo fa una mappa delle aggressioni fasciste in Italia realizzata dal collettivo antifascista bolognese Infoantifa Ecn che raccoglie documenti dal 2005 e che oltre a elencare i numerosi assalti fascisti in diverse parti del Paese (a cui i media danno sempre poco peso), specifica come nell’ultimo anno ci sia stata una “crescita esponenziale di aggressioni e episodi violenti” e che “CasaPound negli ultimi dodici mesi ha aperto cento sedi in Italia”. Aggressioni che sono diventate più visibili dall’inizio dell’anno con l’entrata in campagna elettorale: dal bar Eden di Napoli in cui Forza Nuova ha fatto irruzione distruggendo e ferendo Antonella Fabbricatore durante un incontro della Sipes con i Rom, a Genova dove CasaPound ha assalito un ragazzo che stava affiggendo manifesti antifascisti, o a Pavia dove in 25 hanno aggredito 5 ragazzi marocchini catturando e pestandone a sangue uno. Un clima che ci riporta agli anni Settanta con la sinistra radicale che comincia a reagire organizzando contromanifestazioni durante i comizi di CasaPound, Forza Nuova e Lega Nord, come è successo a Bologna, Piacenza, Perugia e nelle ultime ore a Torino e Pisa.
Uno scontro causato non dalla violenza dell’antifascismo, come stanno dicendo alcuni pensando di controbilanciare parti che non sono sullo stesso livello, ma perché oggi in Italia è permesso che il fascismo riprenda parola nelle piazze, tra la gente, in tv davanti a milioni di persone, liberamente, come se il passato fosse stato cancellato dalla poca memoria. Ma tra gli anni Cinquanta e Settanta non era così, e con il ricordo ancora vivo e inciso sulla pelle, ogni volta che i fascisti prenotavano una piazza per parlare, operai, studenti, gente comune, occupavano quella stessa piazza per cacciare il raduno senza che nessuno parlasse di violenza antifascista, perché era una contraddizione in termini: i violenti erano loro, i fascisti, punto. Come nel 1969 quando Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale, fu cacciato da Piazza Maggiore a Bologna da migliaia di studenti, operai e ex partigiani, tanto che il sindaco vietò in seguito la concessione di piazza Maggiore alle organizzazioni d’ispirazione fascista. Divieti che esistevano nelle piazze di molte città italiane e che a un certo punto furono tolti dato che i tempi sembravano cambiati.
Ma davvero sono cambiati?
Sul Guardian Tobias Jones ricostruisce la storia di Casapound descrivendola come una formazione che è stata “fondamentale per normalizzare nuovamente il fascismo nel paese in cui è nato” e che tenta, oggi, di “entrare in Parlamento”. Andando avanti e indietro nel tempo – fino a Terza posizione e ai Nar (Nuclei dei rivoluzionari armati) – il lungo articolo rievoca la notte del 27 dicembre 2003, quando cinque uomini entrarono in “un enorme complesso di uffici vuoti a Roma” per far nascere il quartier generale di CasaPound: “un movimento che sostiene di essere una variante democratica e credibile del fascismo, ma che è accusato di incoraggiare la violenza e il razzismo”, scrive Tobias Jones, “e che non ha mai nascosto la sua ammirazione per Benito Mussolini”. Simone Di Stefano, il leader politico di CasaPound, è candidato premier nelle elezioni della prossima settimana e “Con i suoi capelli sale e pepe, e la barba spuntata – spiega Jones – somiglia a qualsiasi altro politico moderato” mentre “fa campagna elettorale per lasciare l’Unione Europea sollecitando un intervento militare in Libia per fermare il flusso di migranti”. Ma tra i suoi militanti ci sono anche Luca Marsella che “a quattordici scolari che protestavano contro un nuovo centro CasaPound, disse: Vi taglierò le gole come cani, ucciderò tutti voi”.
Per concludere Tobias Jones avverte che “In 15 anni, CasaPound è diventata così grande che la sua ambizione iniziale – essere accettata nel teatro del dibattito aperto – è ormai obsoleta. Invece, i suoi leader ora parlano di sradicare completamente l’antifascismo”, perché, come chiarisce di sé Gianluca Iannone che Csapound l’ha fatta nascere: “Sarò un fascista finché esistono gli antifascisti”. Un fascismo che per Iannone “è stata la più grande rivoluzione del mondo, il completamento del Risorgimento”, dato che per lui il regime di Mussolini è stato “il momento più bello di questa nazione”.