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L’italia antifascista non si arrende alla barbarie

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In una Roma stanca, sonnecchiosa e fiaccata dalla pioggia, nel bel mezzo di un inverno in cui il colore del cielo riflette appieno lo stato d’animo di molti militanti e simpatizzanti della sinistra, un variopinto e variegato corteo antifascista, promosso dall’A.N.P.I. e assecondato dalle forze politiche e sindacali compatte, si è snodato per le vie del centro, da piazza della Repubblica a piazza del Popolo, con il suo carico di attese, speranze e aspirazioni e uno slogan assai significativo dati i tempi: “Mai più fascismi. Mai più razzismi”. E allora diciamolo con chiarezza e senza alcuna retorica: questa manifestazione, fortunatamente riuscita, come testimonia l’immagine di una piazza del Popolo gremita e desiderosa di intonare “Bella ciao”, non è stata certo all’insegna della proposta e della costruzione di un progetto politico unitario a partire dai valori cardine della Costituzione bensì della reazione, ed è stato giusto così. Ecco, diciamo che è stata la doverosa risposta al clima di barbarie che si è impadronito del mostro Paese, fra l’aggressione di Palermo ai danni di un esponente di Forza Nuova, quella di Perugia ai danni di un militante di Potere al Popolo e quella odierna, a Pioltello, ai danni della senatrice Lucrezia Ricchiuti e di un altro militante di Liberi e Uguali ad opera di militanti di CasaPound. Una risposta sacrosanta, dunque, ferma e rigorosa, senza violenza e senza gli eccessi che hanno caratterizzato ieri le proteste dei centri sociali contro il comizio di Salvini a Pisa o quelle dei suddetti contro il comizio di Di Stefano a Torino, dopo che anche Bologna era stata teatro di tafferugli per via della presenza del leader di Forza Nuova, Roberto Fiore.
Per quanto mi riguarda, Forza Nuova e CasaPound, che non si sognano nemmeno di rinnegare il fascismo, dovrebbero essere sciolte, in quanto organizzazioni palesemente contrarie alla dodicesima disposizione transitoria e finale della Costituzione e alla legge Scelba. Poiché, purtroppo, esistono ancora e si sono addirittura potute candidare alle elezioni, sarebbe opportuno che prevalesse una certa coscienza e maturità democratica e che i militanti di qualunque formazione di sinistra, centri sociali compresi, le contrastassero in maniera sana, evitando di rendersi protagonisti di azioni talvolta davvero spregevoli che nulla hanno a che spartire con la doverosa critica nei confronti di soggetti estranei all’arco costituzionale e all’idea stessa di democrazia.
Tornando alla manifestazione di oggi, in questa Roma livida e affaticata è andata in scena una manifestazione intensa ma senza pathos, in cui erano evidenti tutte le divisioni della sinistra, le sue mille tribù e i rischi cui questo spappolamento espone il Paese dopo le elezioni, quando una destra fra le peggiori di sempre potrebbe tornare ad essere egemone mentre la sinistra si ritroverà all’anno zero e con la prospettiva di dover compiere un percorso lunghissimo e assai incerto prima di ricostruirsi.
Un lento e invecchiato sciamare di canzoni e ricordi, un amarcord con molti capelli bianchi, qualche sigaro, tante bandiere e altrettanti gonfaloni: questo abbiamo visto oggi per le vie della Capitale e, tutto sommato, è stato un bel vedere. C’era persino un po’ d’anima, quella passione genuina che l’antifascismo suscita sempre, quell’entusiasmo che questa campagna elettorale non è stata in grado di accendere nemmeno per un istante e il recondito auspicio che qualcosa possa ricominciare nei prossimi mesi. Sarà dura, durissima, ma oggi era comunque giusto partecipare, battersi e dare il massimo per gridare no alla barbarie che torna e porre un argine al dilagare dello squadrismo e dell’orrore cui abbiamo assistito, ad esempio, a Macerata. Il bilancio, a mio giudizio, è positivo: assurdo aspettarsi e impossibile fare di più.

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