Conveniamone. Tra il febril- vezzoso e l’anacronismo di vecchie fragranze, l’incipit para.pirandelliano dello spettacolo non brilla di originalità. Ad esempio: il capocomico ciondola perplesso con tanto di coda di paglia agganciata alla cintola da terga, un pianista d’accompagno strimpella motivetti di rodaggio (sulla scena nuda, salvo una colonna romana che allude alla Youcenar), mentre una sorta di ammiratore\suggeritore, dalla platea, reca più disturbo che ammirazione alla “scontrosa” esibizione della prima attrice. La quale, essendo Adriana Asti, sa come non eccedere nell’arte, negli spasmi smodati della prima-donna “in ritratto da anziana”, dell’inquieta musa (fisicamente sfiziosa) cui deve tanto la storia dello spettacolo del ‘900. Specie nel difficile gioco del prendersi sul serio “ma non oltre una certa soglia” – nel cui esercizio ha sempre primeggiato, da irresistibile tedofora di certa milanesità spigliata e impertinente , alla quale assimilerei – per meglio spiegarmi- il vispo temperamento di Natalia Aspesi e quello “fuori schema” della cara Mariangela Melato- lasciando al polo opposto la sulfurea genialità di Franca Valeri (che, con Adriana, furono le più empatiche di Testori e Parenti)
Serata d’onore? Redde rationem? Tenui rimembranze sull’orlo dell’oblio, in quei ‘depositi della memoria’ di cui molto intuirono Valery e Barthes ? Un po’ di tutto: emulsionato in dosi auto-omeopatiche, per un’attrice comunque amabilissima che ha –naturaliter e disciplinato dall’esperienza- il dono dell’autoironia, della schiettezza fulminea, dei feromoni staffilanti anche a distanza. Sia pur nell’apparenza di un eloquio dimesso svagato pacificato se non con tutti almeno con se stessa: con spigolosità improvvise, poiché i fermenti del disappunto e di certo perfezionismo fuori bersaglio tradiscono (talvolta) le forbite insofferenze dell’ età …senza pace
Rammarico, digressione, perfezionismo a posteriori di ciò che fu e mai più sarà, minime o massime vanità del curriculum professionale hanno la grazie “contundente” (mai inaridita) di chi preferisce “rimembrare” per interposta persona. Ovvero “una parte di sé” o “altro da sé” con cui Adriana gioca a rimpiattino, fautrice e cesellatrice di uno spiritoso, malizioso innesto di ‘teatro nel teatro’.
Liddove a primeggiare sono (squisitamente) le “scaltrezze” del mestiere e del fascino senza (più) età- in cui personaggio ed interprete “non è detto che debbano” coincidere dall’inizio alla fine, sciolti nell’ambiguità del …sono colei che mi si crede.. “quindi fate voi”. Ivi compresa la fierezza d’una strepitosa (trascorsa) giovinezza, quando denudarsi sui set di Brass e Bunuel era un piacere dello spirito, del tutto privo di imbarazzo corporale, poiché derisorio dell’imbarazzo, della malcelata concupiscenza maschile. E rimbeccarsi con Visconti e Ronconi una sana consuetudine di vita
La congerie di ingredienti ed elementi drammaturgici sono così collaudati e a presa rapida. Simili ad un memorandum tiepidino, in falsetto, di felpato e felino glamour su cui adagiarsi come dolce inganno ove arrendersi con piacere, senza limiti anagrafici e soggezioni da calendario gregoriano. Non serve quindi l’encomio più o meno solenne (comunque fastidioso) per ritrovare, nitidamente, l’Adriana che più amammo: indispettita, insubordinata, proto femminista e dispettosamente creativa- complementare ed opposta (giusto per tornare alla Valeri) della “signorina” rispettabile, dirompente, irriverente: nella sagacità di quegli attimi che non vorremmo fossero fuggenti.
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“Memorie di Adriana” di Adriana Asti
da una idea di Andrée Ruth Shammah
Tratto dal volume “Ricordare e dimenticare, conversazione tra Adriana Asti e René De Ceccatty”
Con Adriana Asti, Andrea Soffiantini, Andrea Narsi, Alessandro Nidi al pianoforte.
Drammaturgia: Federica Di Rosa Scene: Gian Maurizio Fercioni Luci: Domenico Ferrari
Assistente alla regia: Diletta Ferruzzi Direttore dell’allestimento: Alberto Accalai
Produzione Festival dei Due Mondi di Spoleto
Al Teatro Quirino di Roma -in tournée nazionale dal 15 marzo