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Galasso, Pannunzio e l’Italia repubblicana 

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Ho avuto la fortuna di avvicinarmi al mondo repubblicano grazie ad alcune guide d’eccezione. Penso al mio amico Guido Compagna, figlio di quel grande intellettuale, meridionalista e uomo politico che fu Francesco Compagna. E penso ad Andrea Costi, il quale mi parla spesso dei suoi rapporti con Spadolini e dell’immensa ammirazione che nutriva, da ragazzo, nei confronti della cultura di quel leader politico che aveva nella residenza estiva di Pian dei Giullari qualcosa come seimila volumi, a dimostrazione di una passione civile e di un amore per la conoscenza pressoché sconosciuti ai protagonisti della politica contemporanea.
In questo mondo laico, repubblicano e liberale aveva senz’altro un ruolo di primo piano il professor Giuseppe Galasso, scomparso ieri all’età di ottantotto anni, al termine di un’esistenza spesa a studiare, a scoprire e a vivere la storia come un elemento essenziale dello stare insieme, come la forma più alta e nobile di creazione di una comunità, propedeutica all’attività politica in quanto in grado di fornire una visione globale dei fenomeni e, soprattutto, della composizione sociale del Paese e della sua complessità.

Galasso, innamorato della sua Napoli, insigne meridionalista, profondo conoscitore dell’animo umano e teorico delle molteplici sfaccettature del medesimo e della stessa storia chiamata a interpretarlo, era un uomo dalla cultura poliedrica, dalla competenza sconfinata, dotato di un gusto per la vita e di una passione per il prossimo non comuni nell’universo accademico.
Il suo ultimo articolo, pochi giorni fa, lo ha dedicato al ricordo di un altro grande esponente di quella scuola di pensiero: Mario Pannunzio, lo storico direttore de “Il Mondo”, dapprima ispiratore del Partito radicale e poi sostenitore del centrosinistra, di cui ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa.
L’ispirazione crociana, la concezione della storia come interpretazione soggettiva, la profonda consapevolezza dei limiti del nostro Paese, la necessità di renderlo più moderno ed europeo, l’ammirazione nei confronti di Cavour e il rifiuto di ogni forma di estremismo: questi e molti altri ancora erano i valori che accomunavano Galasso e Pannunzio, il filo rosso che li ha legati in maniera indissolubile, la comune bandiera da innalzare di fronte all’orrore, la patria morale da difendere in ogni circostanza, l’idem sentire di due personalità fortissime che, tuttavia, non hanno mai rinunciato ai propri sogni e all’idea stessa di sognare.
Ci mancano e ci mancheranno. Purtroppo non poco.

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