Calenda: si tratta di “gentaglia”. Il governo se ne accorge solo ora. Si allontana anche la prospettiva della Cig. Scioperi e manifestazioni. Solidarietà di Grasso
Di Alessandro Cardulli
Finalmente il ministro Carlo Calenda ha deciso di affrontare il toro prendendolo per le corna. Perché quello che sta accadendo a Torino, leggi stabilimento di Riva di Chieri, gruppo Embraco, multinazionale Whirpool, dove si producono compressori per frigoriferi, è il risultato di una politica che ha favorito l’ingresso di grandi gruppi, facilitazioni di ogni tipo, nel rilevare aziende italiane, incapace poi di contrastare i trasferimenti in altri paesi dove lo sfruttamento dei lavoratori consente più alti profitti. Non solo, i governi di questi paesi, fra i quali la Slovacchia, sono largamente disponibili ad accordi fiscali con le aziende che si trasferiscono in questi territori. Guarda caso fra le aziende che operano in questo modo, una concorrenza sleale sulla pelle di lavoratori, c’è proprio Embraco che chiude lo stabilimento di Chieri, licenziando 497 operai su 537 che rimarrebbero in Italia non si sa bene a fare cosa. Forse una qualche attività commerciale.
Dalla multinazionale un nuovo schiaffo all’Italia e pagano i lavoratori
Calenda e, con lui, il governo italiano, ha ricevuto un nuovo schiaffo da parte di Embraco, tanto forte da gridare che si tratta di “gentaglia” con la quale non vuole più trattare. In effetti a risentire la dichiarazione del ministro si è fermato a metà, ha detto “gentagl…” e poi ha farfugliato qualcosa. Alla parola gentaglia che definisce uno “status” sociale, si fa per dire, meglio si attaglia quella di “padroni del vapore”, dittatori, senza scrupoli e senza coscienza, di antica memoria. Risalgono al 1916, un film, che racconta di un vero e proprio dittatore. Al quarto incontro al Mise i legali di Embraco hanno ancora una volta rifiutato di ritirare i licenziamenti nello stabilimento di Chieri, conseguenza della decisione di chiudere i battenti e spostare in Slovacchia la produzione, in modo da consentire l’utilizzo della cassa integrazione. Calenda insieme al presidente della Regione Piemonte, Chiamparino, ha insistito per la cassa integrazione offrendo anche il “sostegno”, una sorta di garanzia da parte del ministero, una “lettera di rassicurazione”. Ma i legali di Embraco hanno risposto no.
La Cig consentirebbe di aprire un percorso di reindustrializzazione
La cassa integrazione consentirebbe di aprire un percorso di reindustrializzazione in continuità in modo che imprenditori interessati avessero la possibilità di rilevare l’attività. Ma Embraco ha detto no, ribadendo la decisione presa ad agosto del 2017: “licenziare ora per un problema con la Borsa”. Calenda replica attaccando l’azienda: “Le motivazioni che Embraco dà, dimostrano una mancanza di attenzione al valore delle persone e alla responsabilità sociale dell’impresa che raramente mi è capitato di riscontrare – ha detto Calenda –. Adesso non ricevo più questa gentaglia perché onestamente ne ho avuto fin sopra i capelli di loro e dei loro consulenti del lavoro italiani che sono qua”. Una prima risposta arriva dai lavoratori che in mattinata, in corteo, avevano bloccato la rotonda sulla statale che collega Asti a Torino. Si sono ora radunati in presidio davanti ai cancelli dello stabilimento e hanno prolungato da 4 a 8 le ore di sciopero.
Il ministro per lo Sviluppo a Bruxelles per incontrare la Commissaria Ue
Calenda, a questo punto, si è deciso, perlomeno così pare, di prendere il toro per le corna ed affrontare il problema delle multinazionali che dall’Italia trasferiscono in “paradisi” non solo fiscali, le loro produzioni. Porterà la vicenda Embraco “alla attenzione della commissaria Ue Margrethe Vestagher. “Se loro (il governo slovacco, ndr) – dice – fanno accordi fiscali ad hoc con le aziende, questa è una rottura nella normativa sugli aiuti di stato. Non ne ho le prove, ma voglio che sia verificato”. “Non possiamo avere Paesi che sono dentro al mercato Ue con un costo del lavoro e dell’energia più basso ed una fiscalità più bassa – prosegue – che non fanno nascere aziende ma ne prendono altre: è un dumping interno al mercato unico europeo. Una situazione che non può continuare e voglio sapere come la Commissione Ue vuole affrontare questa questione”. Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, interviene a sostegno della posizione espressa da Calenda. “Sottoscrivo le parole del ministro – dice – c’è un atteggiamento di totale irresponsabilità verso 500 famiglie più quelle dei fornitori, verso la comunità piemontese”.
Fratoianni. Il ministro da tempo avrebbe dovuto fare la faccia feroce
Calenda trova una immediata risposta da parte di Nicola Fratoianni, capolista di Liberi e Uguali a Torino. “Che i padroni della Embraco fossero ‘gentaglia’ per citare il ministro dello sviluppo economico ne avevamo sentore da tempo. Forse la faccia feroce – dice – il governo l’avrebbe dovuta fare da parecchio tempo. Ora si tratta di impedire in ogni modo che oltre 500 famiglie si trovino in mezzo alla strada”. “Sosterremo ogni iniziativa che i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali – conclude Fratoianni – decideranno nelle prossime ore, ogni iniziativa utile ad evitare un dramma sociale collettivo di incalcolabile grandezza”. Interviene anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, candidato premier per Leu, parlando a Castelnuovo Rangone dove ha incontrato i lavoratori coinvolti nella vertenza Castelfrigo: “è da irresponsabili trattare così i lavoratori” di Embraco. Il comportamento dell’azienda è una “cosa vergognosa”, trattare così i lavoratori, non affrontare i problemi dei lavoratori e della loro famiglie. “Vediamo un Paese che purtroppo sta vivendo molte difficili vertenze sul lavoro”.
I sindacati valutano l’opportunità di manifestare a Bruxelles
Sempre a proposito di Bruxelles, Fiom e Uilm, fanno sapere alcune agenzie di stampa, stanno valutando di organizzare con il coinvolgimento delle istituzioni una manifestazione davanti all’Europarlamento a Bruxelles per sottolineare ”la totale irresponsabilità di questa multinazionale”. Ad annunciarlo i due sindacati in una nota congiunta dopo l’esito dell’incontro di oggi al Mise, dove l’Embraco, multinazionale del gruppo Whirpool, ha risposto negativamente alla richiesta di ritirare i circa 500 licenziamenti nello stabilimento Riva di Chieri, conseguenza della decisione di cessare le produzioni sul sito torinese. ”Il segretario della Uilm di Torino, e Vito Benevento, responsabile Embraco per il sindacato affermano che la Embraco insieme ai suoi legali ‘difensori’, ha dimostrato totale disinteresse nei confronti delle proposte formulate dal Governo e l’intenzione scellerata di disperdere il capitale umano italiano rappresentato dai lavoratori di questa azienda. Ogni proposta che non preveda il ritiro dei licenziamenti e l’avvio di un piano di reindustrializzazione per noi è inaccettabile”. Lino La Mendola della segreteria Fiom di Torino e Ugo Bolognesi, responsabile Embraco per la Fiom sottolineano che Embraco-Whirlpool “ha dimostrato la sua totale irresponsabilità, in particolare nei confronti dei dipendenti di Riva di Chieri. È evidente che quando un’impresa affida le relazioni industriali a degli studi legali, si finisce in un vicolo cieco. A questo punto ci aspettiamo che il governo agisca e trovi comunque delle soluzioni concrete per i lavoratori. Ribadiamo la nostra disponibilità a discutere di tutti gli strumenti utili alla rioccupazione dei lavoratori, ma riteniamo prioritario l’impegno a continuare a produrre nel sito di Chieri”.
Convincere Embraco a tornare sui propri passi, questione di credibilità e autorevolezza politica
Dal ministero nel pomeriggio arriva l’annuncio di una “urgente attivazione” per un percorso di reindustrializzazione con Invitalia. Viene invece respinta una proposta che sarebbe stata fatta dai legali di proseguire fino a novembre l’attività a Chieri ma “offrendo” ai lavoratori solo un lavoro part time per poi prendere il volo per la Slovacchia. Proposta respinta al mittente. ”La conclusione di oggi è inaccettabile oltre che per i lavoratori e i sindacati anche per il governo – afferma Federico Bellono, segretario della Fiom torinese – per questo mi aspetto che non demorda e trovi il modo di convincere la multinazionale a tornare sui propri passi. È una questione di credibilità e autorevolezza politica”. Una nuova riunione dovrebbe svolgersi il 29 febbraio, quella definitiva, si dice, ma affermano i dirigenti sindacali “l’azienda si è detta non disponibile a continuare l’attività produttiva nemmeno nei volumi da loro stessi dichiarata”. Così come non è stata neppure presa in considerazione la richiesta del ministro in relazione all’intervento economico che potrebbe essere considerato decisivo per ritirare i licenziamenti e consentire l’uso della cassa integrazione. Non vi è stata risposta. La Slovacchia è per Embraco l’agognata meta. Sfruttamento e nuovi guadagni. Ma è questa l’Europa cui pensavano gli estensori del Manifesto di Ventotene, cui si richiamano spesso Renzi Matteo, Gentiloni e Prodi Romano? Certamente no.