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Dov’è la cultura della manutenzione?

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La serietà di un paese si giudica dalla sua cultura della manutenzione.

Che è quella attività noiosa, dove non ci sono nastri da tagliare, né ponti sullo stretto da sbandierare, ma che fa funzionare un paese, in silenzio. Ed è proprio questo il difetto che gli italiani – soprattutto i politici – rimproverano alla manutenzione: non fa succedere le cose. Non si vede e quindi non si vende.
Perché il consenso italico è emotivo. Non valuta: percepisce. Non osserva, scopre. Non programma col cervello la contingenza, ma reagisce col cuore all’emergenza. Insomma, la manutenzione  è anti-passionale, roba da nordici senza pathos. Sì, è vero, poi bastano dieci centimetri di neve e si bloccano i treni per tre giorni proprio per mancanza di prevenzione e manutenzione, ma vuoi mettere l’euforia dionisiaca di accuse, insinuazioni, distinguo, scuse, mentre i politici stigmatizzano e auspicano.
C’è una gran parte di persone che vota i menzogneri barzellettieri, scambia narcisisti per statisti e nel marasma cerca il carisma.
Vogliamo intristirli con la serietà?

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