Cara Tania, ora che, per dirla con De André, “sei volata in cielo su una stella” e sono ormai cinque anni che non sei più fra noi, consentimi di ricordare innanzitutto quel giorno. Era l’8 febbraio 2013 e con Articolo 21 stavamo incontrando i candidati dei vari partiti per proporre loro un patto costituzionale sulla libertà d’informazione e la lotta contro conflitto d’interessi, querele temerarie e altre storture che da tanti anni affliggono il nostro Paese, minando alla radice quella risorsa essenziale che è una stampa davvero indipendente e, per questo, autorevole e apprezzata dai cittadini. Fra i nostri ospiti c’era anche un certo Gentloni ma non è questa la sede per sollevare polemiche.
Ad un tratto, sarà stato mezzogiorno, giunse la notizia terribile che il tumore al cervello che ti stava divorando aveva vinto e tu non c’eri più. Ero accanto a Vincenzo Vita, rimasi impietrito.
Avevi trentanove anni, cara Tania: trentanove anni e una miriade di sogni da far volare e di speranze da trasformare in azioni concrete per rendere migliore questo nostro disperato mondo: i temi di cui stavamo discutendo quel giorno erano i tuoi temi, le battaglie che stavamo portando avanti erano, da sempre, le tue battaglie.
Avevi trentanove anni e non volevi arrenderti, come dimostrano i tuoi ultimi articoli, la tua strenua lotta in difesa dei diritti e della dignità delle donne, il tuo coraggio nel continuare a scrivere nonostante la fatica, anzi proprio contro di essa, sfidando un fisico sempre più fragile e una stanchezza che, negli ultimi tempi, era divenuta ormai insopportabile, al pari, immagino, del dolore.
Avevi trentanove anni e molte delle tue battaglie sono più attuali che mai, come dimostrano i recenti casi di cronaca ma anche gli sviluppi avvenuti nella nostra professione.
Avevi trentanove anni e denunciavi, già allora, l’indecenza della violenza contro le donne, la loro sottomissione, la loro scarsa considerazione sui luoghi di lavoro, le intollerabili disparità salariali e le discriminazioni che esse sono costrette a subire ad esempio per il fatto di voler diventare madri.
Avevi trentanove anni e inseguivi con tutta te stessa un orizzonte di libertà, una promessa di pace, la prospettiva di un rinnovamento vero e non fittizio, meno che mai urlato o, peggio ancora, demagogico e irrealizzabile.
Avevi trentanove anni e noi, in quella tarda mattinata, ci sentimmo all’improvviso vuoti. Vuoti come chi avverte un senso di sconfitta, vuoti come chi sa di aver perso molto più di un amica, vuoti come chi sente di dover andare avanti ma non sa come farlo, vuoti come dei sognatori costretti, per una volta, ad arrendersi, vuoti come la nostra fragilità che nelle lacrime trovò almeno una spiegazione e un brandello di dignità, indispensabili per resistere di fronte ad una prova tanto straziante.
Cara Tania, cinque anni senza di te in questa Spoon River che si aggiorna e diventa sempre più triste, sempre più amara, sempre più insostenibile. Mi mancano il tuo sorriso, la tua dolcezza, la tua semplicità, il tuo amore per la vita e il tuo gusto le cose che non si possono comprare, dunque hanno un valore inestimabile.
Ciao Tania, non ti dimenticheremo mai.
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