Un mondo ancora inesplorato, nascosto nel profondo blu degli oceani che coprono circa il 70% della superficie del nostro Pianeta, sarà fonte di nuove molecole per la medicina del futuro. Questo è ciò che emerge da una straordinaria scoperta messa a punto alla Stazione Zoologica Anton Dohrn, in collaborazione col dipartimento di Scienze Chimiche della Federico II, dove sono da tempo in corso studi di eco-biologia molecolare su batteri isolati nelle regioni marine dell’Antartide, che hanno portato alla caratterizzazione di alcuni metaboliti di notevole interesse in applicazioni terapeutiche.
Partendo da queste premesse, è stato sviluppato un progetto di ricerca italo-danese i cui risultati sono stati pubblicati il 19 gennaio 2018 dalla rivista Nature Scientific Reports. Il progetto, coordinato dalla Professoressa Maria Luisa Tutino, Dipartimento di Scienze Chimiche della Federico II, e dalla Dottoressa Giovanna Romano, Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, ha condotto all’identificazione di una molecola prodotta dal batterio marino antartico Pseudoalteromonas haloplanktis TAC125, in grado di sopprimere selettivamente cellule tumorali A549, presenti in una forma molto aggressiva di tumore del polmone detta «non a piccole cellule», senza interferire con la sopravvivenza delle cellule sane. Il gruppo di lavoro, con le giovani ricercatrici Filomena Sannino e Clementina Sansone, ha dimostrato che questa capacità è legata alla attivazione, solo nelle cellule tumorali, di uno specifico percorso di morte cellulare detto «piroptosi», determinato da una risposta infiammatoria molto potente indotta dall’acido 4-idrossibenzoico, utilizzato da oltre 70 anni come conservante nell’industria cosmetica, farmaceutica e alimentare con funzione battericida e fungicida.L’80% delle molecole più attive usate in medicina viene da organismi terrestri, soprattutto piante, mentre negli oceani ci sono migliaia di microrganismi ancora non studiati che potrebbero diventare una nuova fonte nel futuro. Inoltre, per quanto riguarda la ricerca sui tumori, ricci di mare, vongole e tunicati sono solo alcuni degli esempi di un filone che si sta arricchendo sempre di più con risultati già concreti. Si va dalla trabectedina, un farmaco antitumorale scoperto nel 1969 e derivato da una sostanza prodotta da un organismo marino che vive nel mar dei Caraibi (Ecteinascidia turbinata), all’eribulina mesilato utilizzato contro il carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico, un analogo sintetico dell’alicondrina B, prodotto naturale isolato dalla spugna marina Halichondira okadai. E ancora la lurbinectedina, nuovo farmaco antineoplastico che mima molti composti naturali di origine marina e che ha fatto registrare dati positivi per numerosi tumori.
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