Lo scrittore e drammaturgo svedese August Strindberg ebbe una vita tumultuosa, fatta di scelte radicali e contraddittorie, a tratti rivolta a discipline non letterarie, fondamentali per la sua sete di sapere e di creatività. Si sposò con Siri von Essen con la quale fu infelice, convogliò a nozze ancora due volte con identica inquietudine. Nelle pagine di Strindberg spesso si disegnano con forza i labirinti della nostra psiche, perché l’autore ne conobbe il calvario attraverso la nevrosi: la sua grandezza è avere dissepolto e svelato quei tratti dolorosi che chiariscono e approfondiscono universalmente anche le nostre relazioni.
Frutto della sua personale esperienza è sicuramente la tragedia “Il padre” il cui protagonista è un certo Adolf, capitano di cavalleria, appassionato di studi scientifici. Adolf, in una fase del suo già logoro matrimonio, viene a scontrarsi duramente con la propria moglie sull’educazione della figlia. Egli è un intellettuale incompreso giacché la consorte pensa che i suoi studi siano follia. Dipendendo economicamente dal marito, la donna ha un atteggiamento di sfruttamento che lo fa sentire ancor più solo in una comunità che lo isola. Adolf finisce per dubitare dell’amore altrui fino a temere che la figlia non sia sua e la moglie alimenta i suoi sospetti al fine di gestire come crede la loro bambina. Una guerra psicologica in piena regola, sul filo del non detto, su un precario equilibrio di responsabilità reciproche … quale sarà il prezzo finale?
Interpretando Il padre di Strindberg, Gabriele Lavia fornisce una prova magistrale: lo spettacolo dura due ore e mezzo, ma non un solo minuto scorre lento grazie a quest’autentico mattatore. Con lui, avvolta in fondali rosso sangue, l’abile compagine degli attori (familiari, colleghi di lavoro, medico, balia) arriva a un confronto ultimativo, chiusa a testuggine contro il diverso. La perdita da parte del protagonista della ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità – anche per l’impossibilità scientifica di provarne a quei tempi l’origine biologica – non è che un aspetto del dramma che tuttora sperimentano alcuni esponenti del sesso maschile col venire meno del loro ruolo di potere. In una psiche che riesce a trovare sicurezza solo nella supremazia sull’altro, l’equilibrio mentale si sgretola. Strindberg racconta una violenza inversa a quella che oggi le donne denunciano, che affonda in un rapporto coniugale inaridito dalle incomprensioni, sorretto quasi solo da regole opportunistiche che hanno reso i coniugi dipendenti tra loro ma al tempo stesso nemici, estranei l’uno all’altra, rancorosi. La figlia, vissuta come proprietà e non come individuo, è un altro tassello verso il naufragio di quell’identità che la mancanza di amore può frantumare.
Dopo Roma, lo spettacolo sarà in tournée: da non perdere.
Fino al 4 febbraio al teatro Quirino di Roma
Fondazione Teatro della Toscana
GABRIELE LAVIA
IL PADRE
di August Strindberg
con Federica Di Martino
e con Giusi Merli Gianni De Lellis Michele Demaria
Anna Chiara Colombo Ghennadi Gidari Luca Pedron
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Giordano Corapi
luci Michelangelo Vitullo
regista assistente Simone Faloppa
regia GABRIELE LAVIA
TOURNÉE
Bologna | Arena del Sole | 8 – 11/2/2018 |
Milano | Teatro dell’Elfo | 15 – 25/2/2018 |
Torino | Teatro Carignano | 27/2 – 11/3/2018 |
Genova | Teatro della Corte | 13 – 18/3/2018 |
Udine | Teatro Nuovo | 21 – 23/3/2018 |