Anche il Corsera guarda al dopo elezioni. In primo piano il ruolo del Capo dello Stato. Non si può tornare alle urne con il Rosatellum, c’è un problema di democrazia
Di Alessandro cardulli
Era facile prevedere che Eugenio Scalfari avrebbe messo mano ad un editoriale solo dopo che l’editore, il direttore, i redattori, si fossero schierati con lui nella polemica aperta dal presidente onorario, Carlo De Benedetti. E avuta la solidarietà del presidente effettivo, Marco De Benedetti, figlio di Carlo, quindi del Consiglio di amministrazione, ricompare la “lenzuolata”, un paginone fitto fitto. Un giorno di ritardo non crea danni, la patria, si sarebbe detto in altri tempi è salva. Scalfari chiude la polemica, così dice. Ciò che lo aveva addolorato era quella parola, “rimbambito” che gli era stata rivolta dal De Benedetti, a proposito dei “ricordi personali”, così l’ex direttore chiama le continue citazioni, dalla preistoria ai giorni nostri, dall’età della pietra ai nuovi media. Siamo d’accordo con lui, a chi ha una certa età sentirsi dire “rimbambito” è la peggiore offesa. E lui, lo Scalfari, nell’editoriale del giorno dopo, il lunedì, si prende una sonora rivincita. Tante sono le parole messe in fila nell’editoriale che è perfino difficile contarle. Questa volta chiama in causa Norberto Bobbio, un piccolo libro ma di grande significato dal titolo “La filosofia e il bisogno di senso” e Thomas Mann citando un suo libro, “Moniti all’Europa”. Il suo campo preferito, quello dei moniti e quello dell’Europa. Larga parte della “lenzuolata” è dedicata al populismo. La prende alla lontana per arrivare poi al succo del problema, racchiuso nel titolo dell’articolo: “Ecco i rimedi per curarsi dal malanno populista”. E qui ci sguazza, è proprio nel suo campo, quello del “consigliori” e abbonda in raccomandazioni, quasi ordini.
In Italia sono tutti populisti salvo il Pd. Meno male che c’è anche la Bonino
Per Scalfari la malattia italiana è il populismo, sono tutti populisti, dal Nord al Sud. Arriva a dire che “gran parte del Mezzogiorno è populista, perché nei paesi del Sud, la miseria, le clientele, le mafie sono caratteristiche di quelle regioni”. Ma, bontà sua, fa presente che “c’è ampio populismo anche altrove”. Poi mette in fila tutti i populisti. Udite udite popolo bue, salva solo, sapete chi? Elementare, direbbe Sherlock Holmes. Scrive lo Scalfari: “Vediamo ora chi sono gli antipopulisti” e si dà una risposta, una e una sola: “Soltanto i democratici del Pd”. Tutto il resto è razzamaglia. Anzi no, dal momento che, scrive, “l’accordo con la Bonino è buona cosa e quello con Casini altrettanto”. E già che c’è fra i “buoni” ci mette anche De Mita. Poi arriva il bello, si fa per dire. Parte dai sondaggi che darebbero il Pd oscillare tra il 25 e il 28%. Sono numeri gonfiati, ma lasciamo perdere. La sostanza politica dell’editoriale arriva a conclusione quando parla di “governabilità”, argomento sul quale Repubblica si è spesa molto in particolare per attaccare Massimo D’Alema, reo di essersi posto il problema: la “governabilità” dopo il voto del 4 marzo. Tutti i sondaggisti danno per scontato che difficilmente dalle urne uscirà una maggioranza. Ma Renzi Matteo non ne vuole sentir parlare e accusa Massimo D’Alema di mestare per un governo con Berlusconi. Parliamo di cose serie, afferma il segretario del Pd, non di inciuci, di governo del Presidente. E su questo sentiero lo seguono i retroscenisti di Repubblica. Ora, si dà il caso che proprio Scalfari scriva: “Per fortuna questa governabilità così difficile da realizzare è di fatto raggiungibile dalle intuizioni del nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella”.
Le varie ipotesi per garantire governabilità. In primo piano l’ipotesi di incarico a Gentiloni
E da qui Scalfari parte per individuare varie ipotesi, fra cui un incarico a Gentiloni che, dice, “potrebbe durare per sei mesi o anche per un anno intero”. Poi giù elogi sperticati a Gentiloni. Allora ha fatto bene D’Alema a porre all’attenzione dei cittadini non solo la governabilità ma anche la necessità che venga cambiata la legge elettorale. Cosa che si può fare, come affermano costituzionalisti, giuristi, avvocati, esponenti di associazioni, che hanno fatto parte del comitato che si è battuto per sconfiggere il tentativo di Renzi di cambiare la Costituzione, i quali hanno presentato una proposta di legge di iniziativa popolare per cambiare, da subito con il nuovo Senato, il famigerato Rosatellum. Di cui, Repubblica, così come quasi tutti i media non hanno dato neppure notizia per non disturbare il manovratore.
Di governabilità parla anche il Corriere della Sera in un editoriale di Mieli che, guarda caso, usa proprio la parola “governo del presidente”. E indica la varie possibilità di uscita da una crisi provocata dalla mancanza di una maggioranza nel risultato del voto del 4 di marzo. Un lungo articolo dove vengono esaminate le varie possibilità di dare un governo al Paese. Mieli ricorda anche che ci sono problemi da affrontare e risolvere, il debito pubblico in primo luogo, il rapporto con l’Europa. Insomma proprio i problemi che aveva richiamato D’Alema nell’intervista al Corriere della Sera. Non a caso era stato proprio il giornalista che lo intervistava a parlare di “governo del presidente”. Si tratta di un fatto oggettivo, basta leggere la Costituzione. Insieme alla governabilità, torna, ed è bene che sia così, il problema della legge elettorale. Sarebbe un disastro se si dovesse andare ad un nuovo voto con il Rosatellum. La scrittura di una nuova legge elettorale dove sia restituito ai cittadini il potere di eleggere deputati e senatori e non di mettere il sigillo a quelli decisi dai capi bastone. Renzi non intende affrontare da subito questo problema. In una elezione dove il cittadino è libero di scegliere deputati e senatori il segretario del Pd non si troverebbe a suo agio. Eugenio Scalfari secondo cui il Pd sarebbe l’unica forza politica contro il populismo, farebbe bene a consigliare a Renzi Matteo la lettura di Bobbio e Mann. E lui potrebbe essere più “attento” ai sondaggi, il Pd, al massimo viene dato al 23,5 e la lista Bonino all’1,4. Poco per cambiare l’Europa.