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Resistere al petrolio

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L’industria del petrolio sta devastando l’ecosistema mondiale, portando danni irreparabili all’ambiente e provocando patologie gravi, gravissime e letali. Lo strapotere delle aziende e la debolezza (anche morale) delle istituzioni permette l’attuazione di veri e propri crimini umanitari ed ecologici in tutto il mondo. Ora il petrolchimico – la “morte nera” – muove i suoi tentacoli velenosi lungo il porto di Genova, in cerca di una località in cui attecchire, producendo un giro di affari di miliardi di euro, ma avvelenando l’ambiente e portando tumori, leucemie, patologie cardiovascolari, respiratorie, neurologiche. Con l’attivismo civile, il diritto (le leggi che difendono la nostra salute e il nostro ambiente ci sono, anche se gli inquinatori sono abituati ad aggirarle), la politica, l’informazione sanitaria e ambientalista (quella seria ed autentica, non quella che vive di partnership con gli avvelenatori), la cultura, l’arte dobbiamo essere uniti e fermare la morte nera, che minaccia Cornigliano, Sampierdarena o comunque un’area prossima all’abitato.
Nella foto, “La flor de la esperanza”, un dipinto di Fabio Patronelli che fa parte di una serie che l’artista ha realizzato per denunciare i crimini della Chevron-Texaco nell’Amazzonia ecuadoriana. Le Nazioni Unite e l’Associazione delle vittime del disastro Chevron-Texaco nell’Amazzonia Ecuadoriana hanno dato il loro plauso a questo progetto artistico a difesa dell’ambiente e degli esseri umani minacciati dall’industria del petrolio.

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